Pakistan, l’infarto del presidente puzza di golpe

Pakistan, l’infarto del presidente puzza di golpe

Ha mollato tutto all’improvviso. Ha lasciato il paese nelle mani del premier Yousuf Raza Gilani ed è volato a Dubai per curarsi un imminente infarto. Così almeno raccontano le versioni ufficiali. Ma intorno all’improvviso ricovero del presidente pakistano Alì Zardari in una clinica degli emirati tira aria di mistero e puzza di complotto. Per molti la malattia del vedovo di Benazir Bhutto si chiama colpo di stato e prelude al ritorno al potere dei generali.
Per capire ragioni e retroscena dell’ennesima saga legata al nome di Zardari e della famiglia Bhutto bisogna tornare ai primi di maggio. Mentre a Islamabad i generali sputano fiele contro gli americani colpevoli di esser sbarcati ad Abbottabad e aver eliminato Osama Bin Laden senza avvertirli, a Washington il capo di stato maggiore Mike Mullen si ritrova tra le mani un misterioso memorandum. Il documento, proveniente dai vertici del governo pakistano, fa capire che il presidente Zardari sarebbe pronto a sbarazzarsi del capo di stato maggiore Ashfaq Parvez Kayani e del generale Ahmed Shuja Pasha, capo dei potenti servizi segreti dell’Isi. Per farlo serve però, avverte il documento, il pieno appoggio statunitense. Mullen, consapevole che in Pakistan non si muove foglia senza il consenso dei militari, si guarda bene dal dar seguito alla richiesta. In compenso ad ottobre Mansoor Ijaaz, un ambiguo uomo d’affari con cittadinanza americano-pakistana, racconta in un articolo sul Financial Times di esser il relatore di quel memorandum ricevuto dalle mani dell’ambasciatore pakistano a Washington Husain Haqqani. Ma quel diplomatico così intraprendente e amico degli americani è anche un uomo legato a doppio filo al presidente Zardari. E così, mentre Haqqani viene richiamato in patria e messo sotto sorveglianza, il discusso presidente Alì Zardari si ritrova al centro dell’ennesima tempesta.
Odiato dai generali e accusato di corruzione nel 1996, dopo la caduta del secondo governo Bhutto, si ritrova condannato a otto anni di galera. Liberato nel 2004 raggiunge la moglie in esilio a Dubai. Tornato in patria dopo l’uccisione di Benazir, Alì Zardari riesce nel 2008 a farsi eleggere presidente. Ma la sua presenza ai vertici del paese è vista come il fumo negli occhi dai generali che non vedono l’ora di metter da parte lui e la sua politica considerata troppo vicina agli americani.

Proprio per questo molti giurano che una volta guarito e dimesso dall’ospedale il presidente Zardari non prenderà la strada dell’aeroporto, ma quella della vecchia residenza di Dubai. La stessa in cui trascorse gli anni del primo esilio con Benazir e dove vivono ancora oggi i loro figli.

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