Un traffico di droga che varcava lo Stretto, nascondigli sul Lungomare, armi clandestine. Vasta operazione portata avanti dal carabinieri del comando proviciale di Messina che hanno arrestato 19 persone, ritenute, a vario titolo, colpevoli di associazione finalizzata al traffico di droga, detenzione ai fini di spaccio di droga, detenzione e porto illegale di armi, nonché reati contro il patrimonio. L'esecuzione dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata emessa dal Gip del Tribunale di Messina su richiesta della Procura Distrettuale di Messina. L'indagine, chiamata "Scipione", ha portato dunque all'arresto di Angelo Albarino di 45 anni; Giovanni Bonanno di 47 anni; Stellario Brigandì di 52 anni; Fortunato Calabrò di 42 anni; Santo Chiara di 43 anni; Rinaldo Chierici di 49 anni; Roberto Cipriano di 53 anni; Giuseppe Coco di 43 anni; Alessandro Duca di 42 anni: Costantino Favasuli di 48 anni; Salvatore Favasuli di 46 anni; Adriano Fileti di 50 anni; tefano Marchese di 43 anni; Giampaolo Milazzo di 49 anni; Giovanni Morabito di 37 anni; Francesco Spadaro di 40 anni; Maria Visalli di 42 anni; Marcello Viscuso di 49 anni; Orazio Famulari, 45 anni ai domiciliari.
L'attentato a colpi di fucile
Le indagini dei carabinieri sono cominciate dopo l’attentato a colpi di fucile portato a termine da ignoti il 27 settembre 2016 nei confronti dei pregiudicati Angelo Albarino, Stefano Marchese e Stellario Brigandì, mentre si trovavano seduti ad un tavolino del “Café sur la ville” di viale Regina Margherita a Messina. Gli approfondimenti sui tre, hanno fatto emergere come questi fossero inseriti nel contesto del traffico di droga cittadino e hanno quindi consentito di delineare i contorni di un’associazione per delinquere dedita ad un florido traffico di droga. In particolare, le indagini sul conto di Angelo Albarino, titolare di una paninoteca in via Cesare Battisti, hanno fatto emergere come questi e Giuseppe Selvaggio poi divenuto collaboratore di giustizia, fossero i promotori di un più ampio gruppo criminale che si riforniva stabilmente di droga da elementi riconducibili alla cosca di ‘ndrangheta “Morabito-Bruzzaniti-Palamara” di Africo Nuovo in provincia di Reggio Calabria che assicuravano la consegna a domicilio, su base settimanale, di carichi di cocaina e marijuana che venivano poi destinati alle principali piazze di spaccio della città di Messina. L’individuazione dei fornitori calabresi, identificati nei fratelli Salvatore e Costantino Favasuli e nel loro cugino Giovanni Morabito, nipote del capo cosca Giuseppe Morabito esponente apicale della ‘ndrangheta ionico reggina, è stato possibile grazie al monitoraggio del locale di Albarino, in cui i tre si recavano senza alcun preavviso telefonico per accordarsi di persona con Albarino per la consegna della droga e i pagamenti.
Le consegne a "domicilio" della droga
I carabinieri, nel corso dei loro monitoraggi, hanno scoperto come i tre e Albarino "recitavano" il ruolo dei perfetti sconosciuti per evitare possibili investigazioni. I calabresi entravano nel locale senza salutare Albarino. Poi quest'ultimo li seguiva all’interno del locale solo alcuni minuti dopo il loro ingresso, una volta accertatosi che non vi fossero servizi di osservazione delle forze dell’ordine. All’interno del locale avvenivano quindi le trattative per la fornitura della droga. Lo stupefacente veniva trasportato ogni settimana dalla Calabria a bordo di autovetture con doppi fondi. Il trasporto era effettuato dai calabresi stessi che, garantendo la consegna a domicilio, pretendevano una maggiorazione sul prezzo di vendita di ogni carico. Albarino e Selvaggio curavano poi la successiva distribuzione della droga attraverso una rete di pusher, mentre i fornitori calabresi rifornivano anche altri gruppi di spacciatori messinesi facenti capo a Santo Salvatore deceduto nel 2019 in carcere e ad Alessandro Duca, quest’ultimo in rapporti anche con il gruppo facente capo a Selvaggio e Albarino.
I nascondigli
I carabinieri, nel corso di questi anni, hanno scoperto le particolari modalità di occultamento dello stupefacente in Calabria: infatti, i militari hanno ricostruito come i fratelli Favasuli e Morabito fossero soliti nascondere lo stupefacente seppellendolo nella sabbia dell’arenile di Africo Nuovo, contrassegnando i punti in cui veniva nascosto con degli appositi segnali. Nell’aprile del 2017, i carabinieri di Messina e della Compagnia di Bianco riuscivano a individuare uno dei luoghi di occultamento del gruppo, recuperando 6 chili di marjuana, alcune dosi di cocaina e un revolver calibro 44 completo di munizionamento, il tutto occultato in apposite buche nella sabbia. Nel maggio del 2017, invece i Carabinieri di Messina Sud furono costretti ad eseguire un rocambolesco inseguimento per sequestrare un carico di droga che era appena stato ceduto dall’organizzazione criminale indagata. La droga era trasportata a bordo di un’autovettura da Francesco Protopapa e Pasqualino Agostino Ninone, entrambi di Sant’Agata Militello in provincia di Messina e da un terzo uomo solo in un secondo momento identificato come Sebastiano Bontempo detto "Uappo", elemento apicale del gruppo mafioso tortoriciano dei “batanesi”. I tre, alla vista dei Carabinieri che volevano procedere a un controllo, speronarono l’auto dei militari e tentarono la fuga a bordo dell’auto. Dopo un inseguimento i militari riuscirono a bloccare l’auto in fuga e ad arrestare Protopapa e Agostino Ninone, sequestrando 2,5 chili di marijuana, mentre Bontempo riusciva a fuggire per le campagne sottraendosi all’arresto. Ma verrà arrestato grazie alle indagini che in quel periodo il Ros stava facendo nei suoi confronti nell’ambito dell’indagine "Nebrodi".
Le rivelazioni del collaboratore di giustizia
Il quadro delineato dalle investigazioni dei Carabinieri ha trovato successive conferme nelle dichiarazioni rese da Giuseppe Minardi che ha confermato il rapporto tra il cugino Angelo Albarino e Giuseppe Selvaggio nell’ambito del traffico di droga e i loro rapporti con i fornitori calabresi. Successivamente lo stesso Selvaggio, arrestato nell’ambito di un’altra indagine per il reato di usura decideva di avviare un rapporto di collaborazione con la giustizia ammettendo il proprio coinvolgimento nel traffico di stupefacenti e confermando la collaborazione dei coindagati come appartenenti al gruppo di cui era a capo. Le indagini hanno inoltre fatto emergere come Selvaggio e i suoi complici fossero anche attivi nel pianificare e progettare il compimento di furti in appartamento, individuando le potenziali vittime facoltose, controllandone gli spostamenti e studiandone le abitudini al fine di commettere i colpi.
In particolare, sono stati acquisiti gravi indizi di colpevolezza a carico di uno degli indagati risultato autore, unitamente ad un complice rimasto sconosciuto, di una rapina in abitazione commessa il 9 aprile del 2016 a Torrenova in provincia di Messina ai danni di una donna 60enne che, nella circostanza, venne picchiata e legata ad una sedia e derubata di denaro contante e gioielli.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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