Buenos Aires - Il mio perro ora si chiama Fidel. Sangue alemanno e nome rivoluzionario, ma anche lui sottostà alle regole dell'aduana argentina, dove presento i documenti e una piccola funzionaria che mi scruta con aria grave, esclama: «Se complicò».
Conosco il seguito: «Espere». Che vuol dire, insieme, «aspetta e spera».
Se complicò ed espere: parole che disvelano un mondo, per noi italiani, familiare. «Bolli, bolli, fortissimamente bolli», diceva il genio Marcello Marchesi e qui l'hanno ascoltato alla lettera. Per un bollo in meno, mi tocca attraversare tutta Buenos Aires e andare all'ASL locale, dove controlleranno il microchip del perro e pagherò una tassa. Strada facendo, in Porto Madero, mi imbatto in un Casinò galleggiante, anche questo istruttivo e familiare. Poiché il Comune della capitale vieta che al suo interno sorgano locali destinati al gioco d'azzardo, lo hanno fatto sull'acqua
Di Maio non lo sa, ma qui han preso corpo tutti i suoi sogni.
A cominciare dal piano di nazionalizzazione che, già nel 2008 (col primo insediamento di Cristina Fernandez Kirchner), riguarda Aerolìneas Argentinas e Austral Lìneas Aéreas. Nazionalizzato anche il sistema di Aeropuertos Argentina 2000, cui fa seguito l'ampliamento e l'ammodernamento dell'aeroporto internazionale di Ezeiza (ora Ministro Pistarini). Il nostro Ministro del Lavoro sarebbe ammirato e trarrebbe spunto, nell'apprendere che l'amministrazione di aerolineas fu affidata a giovani militanti dell'organizzazione kirchnerista «La Campora» (dal nome di un presidente, già esponente dell'ala sinistra del Partito di Perón), braccio politico giovanile del movimento di Cristina.
Non riderebbe invece alla freddura ancora oggi diffusa. «Vieni dice un padre al figlio ti porto a San Cayetano, protettore del pane e del lavoro». «Non posso risponde il ragazzo sono celiaco e son de La Campora». Che, evidentemente, col lavoro c'entra poco
Un fatto è che la gestione dell'azienda si è caratterizzata per clientelismo e inefficienza. Nel 2013, Aerolinas perde un miliardo di dollari all'anno. Tanti auguri Alitalia
Qui c'è una specie di reddito di cittadinanza, ma lo erogano a chi dimostri di aver vaccinato i figli minori. In ciò riconosciamo che i 5 Stelle son più avanti
Donna Cristina resta comunque inarrivabile. Trucca l'inflazione, che dichiara del 9, mentre è al 30 per cento; nazionalizza la ex Fabrica Militar de Avione, nel 2009, ma anche i fondi pensionistici, con cui finanzia la spesa pubblica. E pure la compagnia elettrica YPF, Yaciminetos Petroliferos Fiscales, privatizzata nel 1993. Chiaro che la politica dirigista kirchnerista fa esplodere la spesa pubblica portando l'Argentina al disastro. Che è la maledizione di un debito estero inestinguibile, nonostante il liberismo dell'attuale Presidente Macri, le aperture di credito del Fondo Monetario Internazionale e la benevolenza degli Stati Uniti. Inflazione al 55%, povertà al 32%; disoccupato un argentino su 10, recessione del 6,2%: il quadro desolante di un grande paese in rovina. Sebbene possieda immense ricchezze, dalle più grandi riserve di acqua dolce del mondo, a miniere d'oro, petrolio. Due milioni e 780mila km quadrati, poco più di 40 milioni di abitanti, 15 anime per km quadrato.
A ottobre si terranno le presidenziali e, viaggiando adesso in auto, per le due grandi province de La Pampa e di Buenos Aires, i bordi delle carretteras sono tappezzati da striscioni elettorali che inneggiano a due Fernandez. La prima è Cristina, che ci ritenta; l'altro Alberto, ex ministro di Nestor Kirchner. Quest'ultimo, con la presidenta ha sempre scambiato feroci invettive e adesso condivide l'avventura politica. Nulla di nuovo
Se la povertà non fosse un'emergenza grave, il ritorno al Governo della sinistra peronista, travolta da mille scandali e causa prima del disastro, sarebbe impensabile. Proprio nella pampa il dirigismo kirchnerista ha operato uno snaturamento, un attentato all'identità nazionale. Prima favorendo le monoculture di soia degli investitori cinesi; ma, soprattutto, bloccando il prezzo della carne bovina, vietandone la esportazione e destinandola in via esclusiva al consumo interno.
Ciò ha fatto precipitare l'Argentina all'undicesimo posto nella classifica dei paesi produttori di carne, perfino dopo i piccoli Uruguay e Paraguay. Con l'allevamento non più sostenibile, gli allevatori hanno venduto le fattrici e hanno ucciso i vitelli. Le liberalizzazioni di Macri riportano i bovini nella pampa, ma occorrerà tempo per ripristinare il patrimonio zootecnico. Nulla è come prima. Il gaucho del Martin Fierro, poema epico nazionale di Hernandez, era povero e aveva il lusso del coraggio.
Scrive Borges: «Nelle tregue del rischio coltivava l'ozio; le sue preferenze, la chitarra che accordava con lentezza, lo stile più parlato che cantato, l'astragalo (i dadi), le corse di cavalli, il tondo cerchio del mate accanto al falò». Oggi non ha le boladeras ma il telefonino; gestisce, come un operaio in fabbrica, giganteschi feedlot per i bovini all'ingrasso. Perché è finita anche la favola bella della carne più buona del mondo- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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