La Pasqua di Benedetto XVI: pace in 7 mosse

Il Papa: «Un vero e proprio Stato per il popolo palestinese». Sull’Iran: «Per le crisi legate al nucleare, si giunga a una composizione onorevole per tutti mediante negoziati seri e leali»

Andrea Tornielli

da Roma

Benedetto XVI compie domani il primo anno di pontificato. Il Papa è da domenica sera a Castelgandolfo e ieri ha incontrato i fedeli per la recita del «Regina Coeli», la preghiera mariana che per tutto il tempo di Pasqua sostituisce l’Angelus. Era presente un folto gruppo di napoletani, che ha intonato una canzone partenopea per salutare Ratzinger: «Vedo che Napoli mi aspetta», ha detto il Pontefice. Che ha poi aggiunto: «Vedo e sento che la gioia pasquale non manca». Nel breve discorso, Benedetto XVI ha ricordato il cinquecentesimo anniversario della posa della prima pietra della nuova basilica di San Pietro, «che il mondo intero ammira nella possente armonia delle sue forme». «Desidero ricordare con gratitudine i Pontefici che hanno voluto quest’opera straordinaria sulla tomba dell’apostolo Pietro», ha detto il Papa, invitando tutti i cattolici ad essere «pietre vive per la costruzione della Chiesa santa, nella quale risplende la luce di Cristo».
È ancora vivo l’eco del coraggioso messaggio pasquale, pronunciato da Benedetto XVI domenica scorsa prima della benedizione Urbi et Orbi, nel quale è riecheggiata per sette volte la parola «pace». Il Papa, dopo aver ricordato che Gesù «ha vinto la morte e in modo assolutamente nuovo, per un atto di puro amore, ha aperto la terra e l’ha spalancata verso il cielo» diventando «la nostra risurrezione», ha parlato dell’«inquietudine e incertezza» che segnano la nostra epoca. Ha auspicato «sollievo e sicurezza» per le popolazioni del Darfur «che versano in una drammatica situazione umanitaria non più sostenibile», per quelle «della regione dei Grandi Laghi, dove molte piaghe sono ancora non rimarginate» e per i «vari popoli dell’Africa che aspirano alla riconciliazione, alla giustizia e allo sviluppo». Ha citato la «tragica violenza, che senza pietà continua a mietere vittime» in Irak, chiedendo che «prevalga finalmente la pace». Ha parlato del conflitto israelo-palestinese: «Pace auspico vivamente – ha detto Ratzinger – anche per coloro che sono coinvolti nel conflitto in Terrasanta, invitando tutti ad un dialogo paziente e perseverante che rimuova gli ostacoli antichi e nuovi, evitando le tentazioni della rappresaglia ed educando le nuove generazioni ad un rispetto reciproco».
«La comunità internazionale – ha continuato – che riafferma il giusto diritto di Israele di esistere in pace, aiuti il popolo palestinese a superare le precarie condizioni in cui vive e a costruire il suo futuro, andando verso la costituzione di un vero e proprio Stato». Un invito significativo a non abbandonare a se stesso il popolo palestinese. Benedetto XVI ha quindi chiesto che siano migliorate «le condizioni di vita di milioni di cittadini» in America Latina, che sia «estirpata l’esecranda piaga dei sequestri di persona» e vengano «consolidate le istituzioni democratiche, in spirito di concordia e di fattiva solidarietà». Poi ha parlato, pur senza citarlo, dell’Iran: «Per quanto riguarda le crisi internazionali legate al nucleare, si giunga a una composizione onorevole per tutti mediante negoziati seri e leali, e si rafforzi nei responsabili delle nazioni e delle organizzazioni internazionali la volontà di realizzare una pacifica convivenza tra etnie, culture e religioni, che allontani la minaccia del terrorismo». Un invito a bandire scorciatoie che prevedano l’uso della forza e possano provocare nuovi focolai di guerriglia e di terrorismo com’è avvenuto in Irak.


Nel primo dei saluti in 62 lingue diverse, il Papa ha rivolto alcune significative parole al nostro paese: «Nel particolare momento che sta vivendo l’Italia in questi mesi, il Signore risorto rechi serenità alla comunità nazionale e rafforzi in quanti operano al suo servizio il vivo desiderio di perseguire obiettivi di concordia e di autentico sviluppo per il bene di tutti».

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