Dal petardo di San Siro Dida non è più Dida

Il brasiliano preoccupa dopo la papera con lo Schalke: «Non sono mica una macchina». Anche Cafu osservato speciale

Franco Ordine

Da dove arrivano i pericoli?, sembra chiedersi Paolo Maldini nella foto. La risposta, elementare, è una sola: dall’alto. Oppure da lontano, da molto lontano. Come appunto nell’astronave di Gelsenckirchen, capace di entusiasmare Adriano Galliani («volete sapere perchè da noi il pubblico resta a casa a vedere il calcio in tv? Perchè si vede male dagli stadi, date un’occhiata all’Arena dello Schalke e poi ne riparliamo») ma anche di stuzzicare il talento balistico di Seedorf, l’orgoglio del capitano e quella virtù di Shevchenko. Allora una lucida riflessione sulla notte di coppa Campioni porta a un paio di considerazioni: Cafu non è più quello di uno scudetto fa ma soprattutto è su Dida che in tanti s’interrogano e si intrecciano le censure seguite al 2 a 2 di mercoledì sera. Per il pendolino, diventato una littorina d’altri tempi, la spiegazione sembra persino banale: alla sua età, venerabile, si può accusare qualche colpo a vuoto. Così se non riesce a sbuffare a dovere sul binario di destra, è lecito almeno attendersi un più rigoroso controllo dei rivali che battono le sue stesse praterie. Ciò non è avvenuto con lo Schalke 04 e forse una più lesta sostituzione avrebbe contribuito a migliorare la tenuta stagna complessiva della squadra. Su Cafu bisognerà prima o poi interrogarsi a proposito degli eventuali sostituti: Stam a destra non è così male, come si può pensare. Non solo, ma Simic è rimasto per qualche motivo tecnico oppure non è in grado di contribuire, come fece fino a Manchester al primo anno in rossonero, a risolvere qualche problema?
Più complessa la questione Dida. In via Turati, e non da ieri, sono convinti che il petardo sulla spalla abbia loro cambiato la vita. Da quel giorno, il panterone brasiliano è diventato un altro portiere, è come regredito, assumendo le sembianze dell’incerto guardiano scoperto tre-quattro anni prima. Dida, diciamola tutta, ha nascosto le fragilità difensive del Milan e della sua formula tattica votata all’attacco. Là dove non riuscivano ad arrivare Cafu e Nesta, Maldini e soci, provvedeva lui con una serie strepitosa di parate. Da Istanbul in avanti, Dida è finito sotto la lente d’ingrandimento. Alle critiche sotterranee ha risposto con una osservazione legittima: «Pensavate che fossi una macchina che non sbaglia mai?».

Poi ha alternato prodezze ad errori grossolani, tipo la papera di Siviglia con il Brasile oppure quella di mercoledì sera, all’Arena. Senza il Dida fenomenale il Milan diventa ancor meno competitivo. Perciò forse, in attesa che ritorni superman, deve forse richiudere col lucchetto il portone di casa.

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