Il piano della Casa Bianca: i turchi per liquidare Assad

Si è salvato dall'Onu, ma rischia di diventare la prima vittima del nuovo sultano. Il grande pericolo di Bashar Assad non è più l'Occidente, bloccato dal veto russo e cinese al Consiglio di Sicurezza, ma la Turchia. Mentre l'esercito martella gli insorti asserragliati nella città ribelle di Homs il ministro degli esteri di Ankara Ahmet Davutoglu lavora ad un progetto audace e spregiudicato. Un piano all'apparenza esclusivamente diplomatico, ma capace di trasformarsi nel trampolino d'una nuova avventura militare guidata dalla Turchia. «Non possiamo stare a guardare e abbandonare la Siria al proprio destino, siamo determinati a formare un vasto centro di dialogo per sviluppare il coordinamento con tutti i paesi interessati» annuncia Davutoglu alla vigilia di un viaggio a Washington durante il quale esaminerà la situazione siriana con il segretario di stato Hillary Clinton. Un vertice cruciale perché, dopo il fallimento della mozione Onu, Washington è alla ricerca di qualcuno a cui affidare i piani anti-Damasco.
L'iniziativa diplomatica di Davutoglu - l'ideologo del nuovo sultanato turco ed il ministro più vicino al premier Recep Tayyip Erdogan - ricorda molto quel «gruppo di contatto» riunitosi più volte ad Istanbul durante l'intervento Nato in Libia. Dietro il paravento di quell'iniziativa diplomatica si decisero gli affondi politico-militari che portarono alla caduta di Tripoli e all'eliminazione di Gheddafi. Stavolta la Turchia potrebbe non accontentarsi più di giocare da comprimario per puntare, invece, al ruolo svolto in Libia da Qatar, Francia e Inghilterra. Davutoglu, che ieri ha esposto il suo progetto anche al ministro italiano Terzi, si guarda bene dall'accennare a qualsiasi possibilità d'intervento militare. L'ipotesi di un'escalation è, però, tutt'altro che remota.
La Turchia dopo aver rotto con il regime di Bashar Assad la scorsa estate è stata la prima ad ipotizzare la creazione di aree di sicurezza protette militarmente per difendere i civili in fuga. L'idea, ripresa poi dalla Francia, era stata inserita anche nella bozza di mozione bocciata da Russia e Cina. Già oggi Istanbul fornisce basi e santuari al cosiddetto Libero esercito siriano, l'organizzazione guidata da alcuni ufficiali disertori considerata il braccio armato dell'opposizione siriana. Da un punto di vista militare la Turchia è, inoltre, l'unico esercito dell'area in grado - per dimensioni, esperienza e appartenenza alla Nato - di guidare un intervento complesso come quello in Siria beneficiando dell'intelligence occidentale.
Proprio i servizi segreti turchi sarebbero tra gli artefici, secondo alcune fonti, del piano che prevedeva, in questi giorni, la defezione di un generale siriano comandante di un'importante unità corazzata. La scoperta di quel piano, grazie alle intercettazioni dei servizi segreti iraniani, avrebbe innescato la pesante offensiva lanciata prima nei dintorni di Damasco e poi ad Homs.
I piani di Erdogan e dei suoi ministri devono, ovviamente fare i conti con quelli della Russia. Dopo aver bloccato la mozione dell'Onu e aver liquidato le politiche di un Occidente definito dal premier russo Vladimir Putin «un elefante in un negozio di porcellane» Mosca ha spedito ieri a Damasco il ministro degli esteri Sergey Lavrov e il capo dell'intelligence Mikhail Fradkov.
La missione dal doppio profilo punta non solo a contrastare l'iniziativa diplomatica dell'Occidente e della Lega araba, ma anche a valutare la tenuta del regime, la necessità di nuove forniture militari e la reale consistenza dell'opposizione armata.

Sul piano dell'iniziativa diplomatica Mosca propone nuovi colloqui con l'opposizione guidati da Farouk Al Shara, il vice presidente a cui - in base alla mozione bocciata dal veto russo e cinese - Bashar Assad avrebbe dovuto lasciare la guida di un governo provvisorio.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica