In piazza contro i brogli di Putin La crisi fa esplodere la rabbia

In piazza contro i brogli di Putin La crisi fa esplodere la rabbia

Non è ancora la primavera di Russia, ma può diventare l'autunno di Vladimir Putin. Un autunno inaugurato dalla nevicata di fiocchi, bandane e braccialetti bianchi che ieri ha invaso piazza Bolotnaya, cuore dell'isoletta sulla Moscova di fronte al Cremlino. Dietro la fiumana bianca, dietro al colore simbolo della rivolta anti Putin e della protesta contro le elezioni «truffa» della scorsa settimana ci sono 50mila arrabbiati pronti a sfidare non solo il gelo, ma anche manganelli e manette (e cortei analoghi si svolgono in decine di altre città). Non succede dal 1991. Non succede dalla fine dell'Urss dissoltasi, guarda caso, proprio nel dicembre di venti anni fa.
Il senso di quella protesta, l'indignazione per un voto definito truccato nonostante «Russia Unita» abbia perso il controllo di due terzi della Duma riducendosi al 49, 6% è tutto in quei vent'anni. Un’era segnata fino al 1999 dal caos dell’epoca Eltsin e dalle ruberie degli oligarchi. Un'era riportata all'ordine da uno Zar Putin capace di sconfiggere il terrorismo ceceno, piegare gli oligarchi più riottosi, imporre una democrazia controllata in grado di rilanciare l'economia, distribuire le enormi ricchezze del paese, far nascere dal nulla un ceto medio. Quelle conquiste sono ora la sua dannazione. L'alchimia della democrazia amministrata era garantita dal Dio dollaro. Finché stipendi e benessere crescevano, i nuovi ricchi rinunciavano volentieri al diritto di dissenso e critica. Abdicavano alla libertà d'espressione in cambio di salari sempre più alti, appartamenti, auto, vacanze e lussi sconosciuti ai genitori. Quel patto politico e sociale piattaforma del consenso di Zar Vladimir si fa precario con la crisi del 2009. Dal 2000 fino ad allora petrolio e ricchezze naturali garantiscono un raddoppio degli stipendi in dollari. Da quel momento il prodotto interno lordo cala dell'8% e il nuovo ceto medio russo vede sfumare il sogno di un benessere senza limiti. La rabbia e lo scorno si concentrano contro i nuovi oligarchi amici di Putin, gli unici capaci di mantenere i consueti privilegi gestendo le grandi industrie vicine al potere. In questo panorama il problema di Putin non è il controllo dei media, esercitato comprando i giornali o imponendo la sordina alle tv più impertinenti, ma la diffusione di internet. Nella nuova Russia quello è lo snodo intorno a cui ruotano le nuove generazioni figlie del ceto medio. Lo snodo capace d'incanalare la protesta di personaggi come Aleksei Navalny il blogger 35enne arrestato durante una protesta della scorsa settimana. Il suo slogan «Russia Unita partito dei ladri e dei corrotti» diventa grazie a twitter lo slogan capace di riempire piazza Bolotnaya. Ed è sempre lo scontento del giovane ceto medio dilagato sul web a trasformare in leader di piazza Evgenia Chirikova, una sfegatata ecologista 34 enne regolarmente ignorata e sconfitta quando invece di denunciare la corruzione del potere combatteva per salvare le foreste. Internet è anche l'agorà su cui si diffondono le immagini delle frodi elettorali riprese da migliaia di giovani trasformatisi grazie ai telefonini in osservatori del processo elettorale. Quelle immagini sbugiardano le televisioni di stato, umiliano i conduttori proni al potere, li costringono per non perdere credibilità a opporsi ai loro controllori. E così mentre la nevicata dei 50mila nastri bianchi invade piazza Bolotnaya le redazioni delle tv di stato assistono alla rivolta senza precedenti di giornalisti e presentatori. Per la prima volta i giornalisti di regime, gli stessi che per una settimana hanno ignorato le proteste rifiutano la verità di stato. Alexei Pivovarov conduttore di Ntv, controllata da Gazprom, il colosso energetico di stato, minaccia di non presentare il Tg se si censureranno i cortei di piazza Bolotnaya. E così nella piazza della protesta arrivano le telecamere dell'informazione di stato. Ora bisogna vedere se la grande nevicata sommergerà il potere o si scioglierà al primo sole. Da qui alle presidenziali di marzo, quelle che veramente contano per lo Zar Putin i nomi della Chirikova o di Navalny potranno esser tornati nell'oblio.

Soprattutto se lo zar Putin scaricherà come molti scommettono gli errori della passata gestione sulla creatura Medvedev e costruirà per sé la figura di nuovo liberale.
Il problema non è se sia abbastanza spregiudicato per farlo, ma se il suo nuovo dottor Jeckyll sia in grado di sconfiggere un Mr Hyde con in tasca la tessera del vecchio Kgb.

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