L’attacco di Hamas del 7 ottobre, il più grave contro la popolazione ebraica dai tempi dell’Olocausto, e la guerra d'Israele all'organizzazione islamista hanno segnato il ritorno della questione palestinese nel dibattito politico. In molti Paesi occidentali gli eventi in Medio Oriente stanno producendo spaccature tra i sostenitori degli israeliani e dei palestinesi che creano un cortocircuito dagli esiti imprevedibili nei partiti della sinistra per i quali storicamente è stato sempre centrale - molto meno però negli ultimi anni - il destino dello status dei territori della Striscia di Gaza e della Cisgiordania.
STATI UNITI
È il Paese che sta registrando le più importanti tensioni nella comunità liberal e le conseguenze sono visibili non solo a Washington ma anche nelle strade, ad Hollywood e nei campus universitari dove attivisti di Black Lives Matter e studenti giustificano le azioni di Hamas. Le illusioni di solidarietà per la sinistra pro-Israele sono andate in frantumi sin dall’inizio della campagna di bombardamenti di Tel Aviv sulla Striscia. “Per molti ebrei progressisti è stato un momento rivelatore e terrificante allo stesso tempo”, ha dichiarato Jonathan Greenblatt, ceo dell’Anti-Defamation League, un’organizzazione americana che combatte l’antisemitismo. “In molti mi chiamano per esprimere lo choc e la tristezza per essere stati abbandonati nel momento del bisogno dalle persone accanto alle quali hanno manifestato” in passato, ammette Greenblat con amarezza.
A livello politico le comunità arabe e musulmane stanno manifestando malumori per la vicinanza espressa da Joe Biden nei confronti del premier Benjamin Netanyahu. La loro frustrazione potrebbe avere un impatto nelle elezioni presidenziali in Stati chiave dove la loro presenza è più forte: Michigan, Pennsylvania, Ohio e Minnesota. All’interno del partito democratico a farsi portavoce del disagio di una parte della sinistra sono Ilhan Omar, deputata di origini somale, e Rachida Tlaib, la prima donna americana di origini palestinesi ad essere eletta al Congresso. Quest’ultima in un video postato su X ha accusato il presidente di sostenere “il genocidio del popolo palestinese” aggiungendo minacciosa: “Biden, appoggia il cessate il fuoco adesso o non contare su di noi nel 2024”.
Le parole di solidarietà ad Israele pronunciate dall’ex speaker della Camera Nancy Pelosi e dai senatori John Fetterman e Bernie Sanders sono state ampiamente criticate. Al centro delle polemiche in questi giorni è finito anche l’ex presidente Barack Obama che ha cercato di esprimere una posizione di equidistanza dichiarando che “nessuno è innocente” scontentando entrambe le fazioni interne al partito dell’asinello.
REGNO UNITO
Nel Paese si voterà l’anno prossimo e tutti i principali sondaggi assegnano al momento un incolmabile vantaggio al partito laburista guidato da Keir Starmer contro quello conservatore del premier Rishi Sunak. Prima del 7 ottobre Starmer era riuscito a far dimenticare la gestione di Jeremy Corbin, il suo predecessore accusato in passato di aver adottato posizioni ambigue e vagamente antisemite. Secondo molti osservatori politici l’attacco di Hamas potrebbe cambiare le carte in tavola. Un ministro ombra dei Labour ha dichiarato che il partito rischia di assistere ad una fatale emorragia dei voti dei simpatizzanti musulmani.
Come in altri Paesi la sinistra inglese si sta spaccando sulla richiesta di un cessate il fuoco immediato a Gaza appoggiata da un terzo dei membri laburisti del parlamento e da alcuni importanti dirigenti come il sindaco di Londra Sadiq Khan e il sindaco di Manchester Andy Burnham. Starmer ha preso una posizione netta affermando in un discorso che un cessate il fuoco in questa fase "incoraggerebbe" Hamas a compiere altri attacchi contro Israele. Una dichiarazione che non ha messo il punto sulla questione e non ha fermato l’organizzazione lo scorso fine settimana di nuove manifestazioni pro-Palestina nelle principali città del Regno Unito.
FRANCIA
Nel Paese sono presenti le più grandi comunità musulmane ed ebraiche in Europa e negli ultimi giorni si sono verificati i più gravi atti antisemiti del Vecchio continente. Il governo centrista di Emmanuel Macron e il suo ministro dell’interno, Gérald Darmanin, hanno ordinato con tempestività il divieto delle manifestazioni pro-palestinesi e il fermo dei “facinorosi che turbano l’ordine pubblico”. La coalizione di sinistra all'opposizione composta da France Insoumise, Comunisti, Verdi e Socialisti (Nupes) sta registrando importanti spaccature a causa della mancata condanna da parte del suo leader Jean-Luc Mélenchon degli attacchi di Hamas.
Secondo un sondaggio il 63% dei simpatizzanti del partito socialista definisce un‘azione terroristica il massacro compiuto dall’organizzazione islamista. La pensa allo stesso modo solo il 38% dei sostenitori della France Insoumise guidata proprio da Mélenchon, una posizione ambigua che rischia ora di spaccare la coalizione Nupes nella quale sembrano non trovare posto le posizioni più moderate dei socialisti.
GERMANIA
La sinistra tedesca appare più compatta rispetto ad altri Paesi. La maggioranza di governo composta dai social democratici (Spd) del cancelliere Olaf Scholz, dai verdi e dal partito Liberale democratico (Fdp) si è mostrata compatta nel condannare la strage del sukkot. Anche l’estrema sinistra di Linke si è unita alla coalizione semaforo votando a favore di una risoluzione parlamentare di sostegno allo Stato ebraico. “In questo momento l’unico posto al posto per la Germania è al fianco di Israele” ha dichiarato Scholz.
Particolarmente apprezzato è stato il discorso di Robert Habeck, il vicecancelliere verde, il quale ha affermato che “l’antisemitismo non sarà tollerato in nessuna forma” e ha invitato cittadini ed associazioni musulmane a prendere le distanze con chiarezza da Hamas. L’intervento di Habeck è stato persino definito dalla stampa uno dei migliori discorsi nella storia della repubblica tedesca.
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