Milano. «I ragazzini abusati per ora sono otto e hanno dai 7 ai 16 anni. Ma dobbiamo sentire ancora diversi altri bambini». Alla squadra mobile di Milano c'è un comprensibile e doveroso riserbo, una evidente resistenza a fornire particolari sull'ennesima vicenda di pedofilia che stavolta riguarda un giovane uomo di Chiesa, da poco ordinato sacerdote e le accuse mossegli dai ragazzini con cui si relazionava ogni giorno nella sua prima parrocchia di destinazione. Dal canto loro gli investigatori della sezione «reati sessuali e contro la persona», guidati dal dirigente Marco Calì, quando giovedì all'alba si sono presentati a Busto Garolfo (35 chilometri a est di Milano) a casa del 29enne sacerdote della Diocesi meneghina don Emanuele Tempesta (nella foto), si sono trovati dinnanzi a questo «ragazzone» che, dopo l'evidente shock iniziale, si è chiuso nel silenzio. L'impressione è che i prossimi giorni saranno determinanti nel «bucare» la sua riluttanza a parlare e nel definire esattamente i confini di questa brutta storia. Non a caso infatti Calì - che con i suoi uomini ha sequestrato a don Tempesta un pc, un tablet e due cellulari - sottolinea che «le indagini non sono ancora finite». Intanto oggi il 29enne sarà sottoposto all'interrogatorio di garanzia in Procura a Busto Arsizio (Va). Milanese originario di Rho, alto, capelli neri corti e occhiali, il giovane parroco, che a Busto Garolfo si occupava in particolare dell'oratorio, si trova agli arresti domiciliari per una ordinanza firmata dal gip Luisa Bovitutti della Procura bustocca che lo accusa di una serie di violenze sessuali su minori avvenute proprio all'interno della sua abitazione e che, iniziate nel febbraio 2020, sarebbero andate avanti per tutto il lockdown e fino a maggio di quest'anno. Un particolare, quello temporale, che lascia più che perplessi se si considera che il «don» era stato ordinato sacerdote appena una manciata di mesi prima dell'inizio degli abusi, ovvero nel giugno 2019. Quando, dopo gli studi in seminario, la Diocesi di Milano lo aveva lo nominato vicario nella parrocchia dedicata ai Santi Salvatore e Margherita a Busto Garolfo e in quella di Santa Geltrude nella frazione di Olcella.
Ad accusare don Tempesta per poi denunciarlo sono state un gruppo di madri dopo che in questi mesi hanno raccolto i racconti sconcertanti direttamente dalla voce dei loro figli.
Immediata e molto decisa la reazione dell'Arcidiocesi di Milano. Che nel segno della massima trasparenza ieri - prima ancora che la notizia fosse di dominio pubblico - ha diffuso un comunicato in cui, mentre si mette a completa disposizione per collaborare con l'autorità giudiziaria e «(...) prende atto con stupore e dolore e si impegna a seguire le indicazioni che le verranno date dalla Santa Sede», fornisce senza esitare anche il nome e il cognome del sacerdote insieme ad alcuni dati anagrafici e relativi al suo percorso in qualità di sacerdote.
Sottolineando però che non è mai giunta in Curia alcuna segnalazione relativa ai reati imputati a don Tempesta e che riguardano l'inchiesta a suo carico.Nella nota anche un intervento dell'Arcivescovo, monsignor Mario Delpini, che esprime la propria vicinanza alle comunità parrocchiali di Busto Garolfo e a tutti i soggetti in vario modo coinvolti nella vicenda.
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