Abuso d'ufficio, primi sì dei pm sulla riforma Forza Italia: "Tutto pronto, proposta a giorni"

Audizioni dal firmatario azzurro Pittalis: "Il testo entro settimana prossima"

Abuso d'ufficio, primi sì dei pm sulla riforma Forza Italia: "Tutto pronto, proposta a giorni"
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«Entro la prossima settimana, dopo aver discusso con l'ufficio di presidenza, formuleremo il testo da adottare per rivedere il reato di abuso d'ufficio e traffico di influenze illecite e daremo spazio agli emendamenti». Il vicepresidente della commissione Giustizia alla Camera Pietro Pittalis (Forza Italia) commenta così le audizioni di ieri sulla riformulazione di una fattispecie di reato che fa scattare «la paura della firma», legge che il centrodestra ha intenzione di rivedere pesantemente, se non addirittura di abolire. Proprio Pittalis è il primo firmatario di una proposta di legge in tal senso, assieme agli azzurri Cristina Rossello e Roberto Pella, non dissimile da quella del Terzo Polo di Enrico Costa.

Ieri in commissione sono sfilati magistrati come Vittorio Raeli (procuratore regionale della Corte dei conti della Basilicata), Bruno Cherchi (procuratore a Venezia), Maurizio De Lucia, (capo della Procura di Palermo), Marco Gambardella, (sostituto Pg a Bari), Tiziana Siciliano (Procuratore a Milano) e Francesco Prete, capo dei pm di Brescia che l'altro giorno ha chiesto di archiviare le indagini sulla gestione della pandemia a carico di Giuseppe Conte e Roberto Speranza. «Proprio Prete ci ha suggerito qualche spunto interessante - sottolinea Pittalis - visto che secondo lui la riforma del 2020 firmata da Conte ha già di fatto depotenziato il reato, quasi abrogando di fatto l'abuso d'ufficio».

Il tema è la discrezionalità delle condotte, visto che oggi il solo sospetto di un abuso di potere paralizza la pubblica amministrazione, come già denunciato in commissione dai rappresentanti dell'Anci e da diversi sindaci. Pochissime sono le condanne, «proprio per l'assenza del profilo soggettivo del reato», spiega il deputato azzurro.

La (troppe) riforme del reato previsto sin dal 1930 dall'articolo 323 si intrecciano con il reato di «traffico di influenze illecite», previsto dall'articolo 346-bis, la cui convivenza ha innestato non poche «ambiguità interpretative e contrasti tra le Sezioni della Corte Suprema di Cassazione», come aveva sottolineato nella sua audizione in commissione qualche giorno fa l'avvocato Ivano Iai, lamentando il rischio di «un'etica pubblica condizionata dal diritto penale», quando basterebbe inasprire le sanzioni amministrative per creare la necessaria deterrenza.

I Cinque stelle vedono il bicchiere mezzo vuoto e agitano il solito spauracchio: lo vuole l'Europa, l'abuso d'ufficio è il reato spia della corruzione e chi vuole abolirlo fa il gioco dei boss. «Oggi autorevoli magistrati hanno sottolineato come l'attuale formulazione elimini qualsiasi possibile intromissione dell'azione giudiziaria nella sfera riservata alla discrezionalità amministrativa. Di contro - scrivono i deputati M5s in commissione Giustizia Stefania Ascari, Federico Cafiero De Raho, Valentina D'Orso e Carla Giuliano - dall'abolizione scaturirebbe un indebolimento del nostro sistema di contrasto al malaffare». «Agitare contro l'abrogazione il rischio di una qualsivoglia interferenza nella lotta al contrasto alle mafie è una forzatura, che non fa onore a ci fa queste affermazioni», sentenzia Pittalis.

Ma è anche vero che l'Italia rischia una procedura d'infrazione europea perché, secondo il

numero due della Procura europea (l'italiano Danilo Ceccarelli) l'abrogazione tout court dell'abuso d'ufficio «non sarebbe conforme alla normativa internazionale in materia di corruzione né alla convenzione di Strasburgo».

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