Meglio tardi che mai, si potrebbe dire. In questo caso però l'esserci arrivati in ritardo ha voluto significare quasi diecimila migranti tunisini entrati nel nostro Paese nell'estate della pandemia. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio infatti, in visita nell'agrigentino per la campagna elettorale per le comunali siciliane, ha evidenziato come nessun tunisino ha effettivamente titolo per rimanere in Italia.
Lo ha detto al prefetto di Agrigento, Maria Rita Cocciufa, una volta arrivato nella piazza centrale di Casteltermini, uno dei comuni chiamati al voto il prossimo 4 ottobre: “Torno alla carica con i tunisini – ha dichiarato il titolare della Farnesina – Siamo sempre stati un Paese accogliente e continueremo ad esserlo, ma i tunisini non hanno alcun diritto di venire in Italia perché non fuggono da guerre e persecuzioni”.
Una circostanza quest'ultima piuttosto ovvia da sempre, ma di cui il governo evidentemente ha preso cognizione e conoscenza solo da poco. E quel “torno alla carica” pronunciato in modo quasi 'grintoso' da Di Maio, che non ha certo voglia di vedere anche in Sicilia la emorragia di consensi annotata alle scorse regionali, può essere interpretato in vari modi.
In primis, il ministro degli Esteri forse non è stato sufficientemente convincente con le controparti tunisine nel passato mese di agosto, quando invece annunciava trionfalmente accordi e patti volti a limitare le partenze dal Paese nordafricano. I primi di settembre Luigi Di Maio ha anche rivendicato successo quando è stato notato che per diversi giorni non si registravano sbarchi a Lampedusa, salvo poi rendersi conto che di barconi non ne arrivavano solo perché il mare era mosso.
Una volta ristabilite le giuste condizioni meteo, l'isola delle Pelagie e la stessa Sicilia sono tornate a vivere situazioni molto difficili sul fronte migratorio, con arrivi e approdi registrati quotidianamente lungo le coste. E allora quel “torno alla carica” potrebbe anche essere visto come una vera e propria ammissione di fallimento dei suoi tour estivi in Tunisia e in Libia.
Da qui la necessità di rendersi conto, soltanto adesso, che i tunisini non possono rimanere e che qualcosa occorre pur fare per evitare che partano e per aumentare i rimpatri. L'Italia, dopo le visite di Di Maio e della Lamorgese a Tunisi, ha promesso aiuti per 11 milioni di Euro alle autorità nordafricane per collaborare nello sviluppo economico e nel contrasti all'immigrazione. Per adesso però non si sono viste significative novità e miglioramenti della situazione non sembrano essere all'orizzonte.
E sulle parole di Di Maio sono stati registrati reazioni politiche volte a sottolineare il “ritardo” del ministro nella comprensione del fenomeno: “Improvvisamente Di Maio si sveglia e annuncia che i tunisini ‘non hanno alcun diritto di venire in Italia perché non fuggono da nessuna guerra e persecuzione – ha dichiarato il senatore della Lega Roberto Calderoli – E se ne accorge ora dopo che negli ultimi mesi ne abbiamo fatti entrare e accolti 20mila?”
“Meglio tardi che mai
– ha poi concluso l'esponente del carroccio – ma ora dalle parole passi ai fatti e dica al ministro Lamorgese di chiudere i porti agli immigrati tunisini e si procedere all’immediata espulsione di tutti quelli arrivati”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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