È evidente che il governo, stabilendo la riduzione del 30% per il carico contributivo per le imprese che operano nell'Italia meridionale, cerca di compensare il danno che ha creato con la chiusura generalizzata di tutta l'Italia, invece di quella delle zone rosse, suggerita dal Comitato Scientifico Sanitario Nazionale. Ma la toppa è peggio del buco. Infatti mentre questo provvedimento genera una fiscalità di vantaggio per le imprese operanti nel Sud, rispetto a quelle del Centro dell'Italia e del Nord, indipendentemente dal grado di sviluppo e dalle caratteristiche delle aree considerate, ciò dà luogo a un buco di bilancio non indifferente per l'Inps che tenderà ad accumularsi nel tempo, lasciando allo Stato il compito di provvedere al versamento dei contributi figurativi. Questi, infatti, tradizionalmente, non sono oggetto di un versamento automatico, tramite una spesa iscritta nel Bilancio, ma vanno autorizzati volta per volta, per tradursi da voci di competenza in crediti di bilancio e poi in versamenti di cassa. Anche quando il credito di bilancio viene autorizzato tempestivamente, spesso il versamento di cassa avviene in ritardo (e a fatica). Infatti, nei periodi non favorevoli, in cui le spese tendono a superare le previsioni e le entrate tendono a esser inferiori e lo stato è fortemente indebitato, la cassa piange. Tutti vogliono attingervi. E alla fine si taglia dove si può. Quante volte l'Inps ha tagliato le pensioni maggiori, almeno temporaneamente, perché non aveva abbastanza entrate per pagarle? E quante volte si è ricorso all'aumento dell'età pensionabile o al «tiratardi» nel liquidare le pensioni e le connesse indennità? Invece della riduzione dei contributi al Sud si dovrebbe attuare una flat tax parziale nell'Irpef, per i lavoratori dipendenti delle imprese e per il lavoro autonomo, ad esempio cominciando dai giovani, dai lavori a tempo parziale, da quelli ad alto contento tecnologico, dai contratti di produttività. In modo da stimolare una crescita non solo quantitativa ma anche qualitativa della nostra occupazione. Quando si riduce l'imposta sul reddito, dove è più oppressiva l'anno dopo e nei successivi si recupera il gettito perso inizialmente, anche perché si riduce la convenienza ad evadere.
Il governo continua ad elargire bonus di vario genere, ma non s'occupa del tema centrale, per cui in Italia vi sono un'alta disoccupazione, una bassa produttività, un'elevata quota di popolazione inattiva e una grande economia sommersa: cioè il fatto che l'Irpef ha aliquote progressive che opprimono il lavoro, mentre le alte imposte di registro ostacolano la mobilità del capitale. È questo il freno a mano, che bisogna disinnescare.
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