C'è chi dopo l'incendio cerca di placare le fiamme. Il primo a farlo è Jared Kushner, il consigliere e genero del Presidente Trump. «Sta ancora valutando molti fatti differenti, poi, quando avrà preso una decisione, sarà lui a dirvelo, non io». C'è lo choc mondiale dopo le dichiarazioni del presidente americano che deve ancora essere assimilato, ma già le ambasciate di tutto il mondo si sono messe al lavoro.
La notizia, trapelata dai media, è di quelle che farà la storia: il presidente americano mercoledì prossimo, potrebbe riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele. Immediata la reazione dei palestinesi che hanno messo in guardia sul fatto che una mossa del genere potrebbe distruggere il processo di pace e portare a nuovi conflitti e violenze, aumentando l'instabilità in Medio Oriente, e le ambasciate americane in Medio Oriente sono già in allarme. Il Dipartimento di Stato americano è stato invitato a prepararsi alle proteste, magari violente, che scoppieranno subito dopo l'annuncio. Secondo la Cnn, l'annuncio potrebbe arrivare già domani. Trump dovrebbe mantenere l'ambasciata americana a Tel Aviv per altri sei mesi; ad un certo punto però l'amministrazione trasferirà la missione diplomatica a Gerusalemme, come da tempo vuole Israele. Il presidente palestinese, Mahmoud Abbas, ha preso contatti con vari Paesi arabi e non, per tentare di evitare la mossa americana e il movimento palestinese Hamas ha già promesso una nuova «intifada».
Come hanno fatto tutti i presidenti americani ogni sei mesi a partire dal 1995, Trump si vedrà costretto a firmare lunedì l'atto che blocca il trasferimento dell'ambasciata a Gerusalemme come richiederebbe una legge votata dal Congresso. Il capo della Casa Bianca lo ha già fatto a giugno su pressione dei leader arabi. Con l'avvicinarsi della nuova scadenza, Trump ha riesaminato la questione. Fonti ben informate hanno raccontato di un presidente «agitato», «esasperato» e «frustrato»per non poter rispettare la promessa elettorale. Per questo sarebbe emersa la proposta di riconoscere formalmente Gerusalemme capitale. Una simile dichiarazione è però piena di possibili trappole per chi come lui aspira ad essere l'uomo che farà firmare la pace fra israeliani e palestinesi, dato che lo status di Gerusalemme è uno dei nodi più difficili da sciogliere. Molto dipenderà dalla formulazione scelta, nota l'ex ambasciatore americano in Israele, Martin Indik. Trump potrebbe riferirsi solo a Gerusalemme ovest e menzionare le aspirazioni dei palestinesi per Gerusalemme est.
C'è poi il problema dello status di Gerusalemme città santa per cristiani, musulmani ed ebrei, un terreno scivoloso che potrebbe portare alla fine del sostegno saudita al progetto di pace di Trump. Esponenti palestinesi, scrive il New York Times, hanno avvertito che Trump «sta giocando col fuoco».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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