Amnesty International e la doppia morale: salva le Ong ma accusa l'Italia e l'Europa

La colpa è di essere colluse con la Libia, ma ignora chi agevola i trafficanti

Amnesty International e la doppia morale: salva le Ong ma accusa l'Italia e l'Europa

L'Italia sarà anche collusa con la Libia, come sostiene un rapporto di Amnesty International pubblicato ieri, ma allora - per lo stesso banale sillogismo - Amnesty potrebbe venir accusata di collusione con i trafficanti di uomini. Altrimenti non si spiega come mai il documento di 27 pagine punti il dito contro Italia ed Europa accusandole di favorire le morti di 721 migranti scomparsi nel Mediterraneo tra giugno e luglio, ma si guardi bene dal ricordare i ben più cupi e tragici numeri degli anni precedenti. Tra il 2014 e la fine del 2017, con la presenza nel Mediterraneo delle più svariate missioni di soccorso da Mare nostrum a Triton, si sono registrati ben 15mila 86 morti. E il picco assoluto lo si è toccato nel 2016 quando con le navi delle Ong in piena attività davanti alle coste della Libia si è registrata la cifra record di oltre 5mila migranti morti. Quei 5mila morti ignorati, anche allora, da una Amnesty International ben attenta a non disturbare l'attività delle «amiche» Ong, intente a incassare donazioni grazie al bigliettino da visita dei salvataggi in mare, sono l'icona dell'indignazione a senso unico dell'organizzazione. Un'organizzazione che per anni si è ben guardata dal chiedersi come mai i trafficanti di uomini scodellassero i gommoni carichi di disgraziati davanti alle imbarcazioni delle Ong. Un'organizzazione che non si è mai premurata di chiedersi quali intese vi fossero tra le navi delle Ong in attesa e i dispensatori di carichi umani. Silente per anni sui patti scellerati, su cui hanno indagato e indagano varie procure, Amnesty International se ne esce ora con un documento intitolato «Tra il diavolo e il mare blu profondo. I fallimenti dell'Europa su rifugiati e migranti nel Mediterraneo centrale». Il dossier, realizzato mettendo insieme con una buona dose di partigianeria le informazioni diffuse dalle Ong cacciate dal Mediterraneo, accusa l'Italia, Malta e l'Europa di essere colluse con la Libia. «I governi europei scrive il rapporto - sono collusi con le autorità libiche per contenere in Libia i rifugiati e i migranti, a dispetto degli orribili abusi che rischiano per mano della Guardia costiera libica e nei centri di detenzione in Libia.I piani di espandere questa politica nella regione sono preoccupanti». Accusa strampalata. C'è da chiedersi infatti che male vi sia ad esser collusi con un governo libico riconosciuto ufficialmente da tutta la comunità internazionale, Nazioni Unite comprese. E c'è da chiedersi perché quella collusione sia così scandalosa visto che alla fine sono i volontari delle Nazioni Unite e dell'Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) ad accogliere i migranti riportati dalla Guardia Costiera sulle banchine del porto di Tripoli. Volontari responsabili, tra l'altro, dell'accoglienza in alcuni di quei centri libici dove, a dar retta al rapporto di Amnesty International il numero degli internati è raddoppiato passando da 4mila 400 a 10mila. Il principale obbiettivo del documento di Amnesty è però scaricare su Italia ed Europa le responsabilità per la morte di 721 migranti scomparsi in mare tra il giugno e il luglio di quest'anno. «Nonostante il calo del numero di persone che cerca di attraversare il Mediterraneo negli ultimi mesi - nota il documento - il numero dei morti in mare è salito. La responsabilità per il numero crescente di vittime ricade sui governi europei». Anche qui la partigianeria è evidente.

Pur di accusare Italia ed Europa si calcola il numero dei morti non in rapporto alle partenze dalle coste della Libia, ma a quello degli arrivi in Italia. Un calcolo che poteva aver un senso un anno fa, ma non ne ha più oggi visto che gran parte dei migranti in partenza vengono intercettati dalla Guardia Costiera libica.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica