Anche l'Italia allo sprint per avere la sua cura. Ma è già lite sull'obbligo

Il 24 agosto via alla sperimentazione. I dubbi di Conte. Renzi: "Libertà di scelta? Una follia"

Anche l'Italia allo sprint per avere la sua cura. Ma è già lite sull'obbligo

Anche gli scienziati italiani sono in corsa, con colleghi di mezzo mondo, per mettere la firma sul primo vaccino contro il Covid-19 (in attesa che vengano ultimati i test clinici su quello registrato dalla Russia). Nel nostro Paese è in atto più di una sperimentazione.

Una, interamente tricolore, è già arrivata alle fasi finali ed è condotta dall'Istituto Spallanzani di Roma, che collabora con la ReiThera e la Takis, al lavoro su due diverse piattaforme per la realizzazione di altrettanti vaccini. Quello della prima società farmaceutica comincerà i test sull'uomo il 24 agosto. C'è poi un'altra sperimentazione, pure arrivata all'ultimo step, sviluppata dall'università di Oxford, ma in cui il nostro Paese ha un'importante compartecipazione con la Irbm di Pomezia. L'Italia, insomma, non sta a guardare e che fosse in prima linea nella partita mondiale per i vaccini lo ha anche ribadito qualche giorno fa in Senato il ministro della Salute, Roberto Speranza. Lo Spallanzani, in particolare, è allo sprint finale. Da quando è cominciata la ricerca dei volontari per questo vaccino - prodotto dalla ReiThera di Castel Romano e finanziato dalla Regione Lazio e dal ministero dell'Università e della Ricerca - l'istituto romano è stato preso d'assalto dalle candidature. Ne sono arrivate oltre tremila in poche ore, tra queste quelle di molti medici disponibili a testare il vaccino in prima persona. Già partito lo screening per selezionare le 90 persone più idonee, che poi verranno suddivise in due gruppi di età e vari sottogruppi a cui verrà somministrato un diverso dosaggio. L'obiettivo è quello di far produrre anticorpi ai volontari per poi valutare la sicurezza del medicinale, il dosaggio e la capacità di indurre una risposta immunitaria. Il vaccino ha già superato i test pre-clinici effettuati sia in vitro che in vivo su modelli animali, che ha hanno evidenziato una forte risposta immunitaria e un buon profilo di sicurezza. L'aspirante vaccino made in Italy utilizza il metodo del «vettore virale non replicativo», che impedisce le infezioni sull'uomo proteggendo il sistema immunitario dall'azione della proteina portatrice del virus. Notizie incoraggianti anche dall'altro candidato «antidoto» su cui lavora l'Italia, quello messo a punto dall'Università di Oxford in partnership con l'azienda di Pomezia. Su Lancet sono stati pubblicati i risultati preliminari delle prime due fasi della sperimentazione. «Ha indotto una forte risposta immunitaria e anticorpale fino al 56esimo giorno della sperimentazione», si legge sulla rivista.

Work in progress che hanno autorizzato persino il premier Giuseppe Conte ad un cauto ottimismo, al punto da augurarsi che il vaccino possa essere pronto entro la fine dell'anno. La linea del governo è quella di non renderlo obbligatorio, anche se il virologo Fabrizio Pregliasco propende per l'obbligatorietà e il consigliere di Speranza, Walter Ricciardi, lo vorrebbe obbligatorio solo per i bambini e per il personale sanitario. L'annuncio di Conte ha già scatenato un vivace dibattito politico.

Critico Matteo Renzi, al punto che Italia Viva ha lanciato una raccolta firma per renderlo obbligatorio, condivisa dalla ministra per le Pari Opportunità, Elena Bonetti. «Siamo stati chiusi in casa per mesi e se arriva il vaccino lasciamo libertà di scelta? Non scherziamo», scrive Renzi. Stessa linea per la ministra Teresa Bellanova: «Deve essere obbligatorio.

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