Gli antichi vulcani immersi nel silenzio cantati dai poeti e protetti dai santi

Lo scrittore e critico Camon ci conduce in un angolo di Veneto ancora da scoprire Terre ideali per temprarsi nel fisico e nell'anima, come eremiti del tempo che fu

Gli antichi vulcani immersi nel silenzio cantati dai poeti e protetti dai santi

Se c'è una zona del Veneto decisamente meno conosciuta di quanto la sua bellezza gli meriterebbe (ed è, in assoluto, una delle zone più belle e suggestive dell'Italia intera) si tratta dei Colli Euganei. Essi fanno parte della provincia padovana, e si estendono fra i paesi di Praglia, Teolo, Castelnuovo, Este, Monselice, Arquà Petrarca, Galzignano, nonché quelli famosi per le cure termali: Abano, Montegrotto, Battaglia. Tutti li hanno visti qualche volta, correndo in auto o in treno verso Venezia. Ma questa visione fuggevole non rivela nulla: è troppo rapida e sviante. E poi Venezia è come una calamita, quando le si è vicino non si ha tempo per guardarsi in giro.

Così, correndo, non si può cogliere che qualche impressione di quell'ondulato paesaggio verdeazzurro, solo un sospetto di questa notevolissima bellezza. Ne sanno qualcosa di più quelli che vengono a fare la cura dei fanghi, soggiornando qui per alcune settimane: si tratta per la maggior parte di tedeschi, di varia estrazione sociale e condizione sanitaria, dai malati veri e propri agli atleti. Ma sono numerosissimi anche gli atleti italiani, specialmente giocatori di calcio, che si vogliono rimettere dalle botte e dalle fratture, dagli stiramenti, dalle contrazioni. I fanghi di Abano, Montegrotto e Battaglia hanno, infatti, la prerogativa di calmare il dolore delle artriti di ogni tipo, sciogliere le articolazioni, decongestionare, placare i nervi infiammati e le forme reumatiche.

Abano è oggi il più moderno e importante centro termale d'Europa, con un imponente apparato di alberghi di tutte le categorie, ognuno con le sue grotte termali. In Abano soggiorna ininterrottamente una clientela della borghesia medioalta di tutte le, lingue, e le sue edicole hanno più giornali stranieri che italiani. È una cittadina lussuosa, costosa, molto snob e inevitabilmente falsa: una microscopica Svizzera.

Le proprietà terapeutiche delle sue acque, già note ai primitivi abitanti, e che a quanto risulta da alcune antiche iscrizioni ispirarono perfino il culto di un dio locale, hanno quindi mantenuto e accresciuto nei secoli la loro fama, traendo solo conferme dai progressi della medicina.

Oggi sappiamo che queste proprietà derivano dall'origine vulcanica del territorio circostante: acqua e fanghi emergono ad alta temperatura (circa 80 gradi), sviluppano una leggera radioattività, e contengono speciali alghe capaci di elaborarne i principi minerali.

I Colli Euganei non sono, infatti, che antichissimi vulcani spenti. Per capire bene la conformazione attuale della zona si dovrebbe risalire all'era terziaria, quando si aprirono le prime bocche eruttive, e si avviò un processo destinato a concludersi in concomitanza con la formazione delle Alpi. Ma ci accontentiamo di osservare che l'esplosione, allora terrificante, delle forze geologiche ci ha regalato quello che oggi è uno dei più incantevoli scenari di quiete della terra: catene di colline dalle forme sinuose, tondeggianti, molli, la cui contemplazione è certamente legata all'efficacia curativa delle terme.

Da quando se ne ha memoria, la storia di Abano è segnata dalla visita di personaggi illustri: Tiberio, Claudio II, Teodorico, Aureliano... E poi Casanova, Goldoni (che fra le sue commedie ne comprende una intitolata a I bagni de Abano), Luigi Bonaparte, Francesco I d'Austria...

Ma diciamo pure che tutta la regione dei Colli Euganei fu patria elettiva di grandi scrittori, che la prescelsero per i propri ritiri; e non a caso è tutt'oggi sede di numerosi eremi e conventi. L'anima veneta è essenzialmente religiosa. La religiosità veneta è essenzialmente mistica, espiatoria, orante. L'eremo è il suo luogo ideale.

Anche gli studenti di liceo conoscono l'esempio del Foscolo, che destinò a suo domicilio il paese di Feriole vicinissimo ad Abano dove, ancora giovanissimo, scrisse le Ultime lettere di Jacopo Ortis: forse l'opera più romantica della letteratura italiana, con la sua duplice passione, quella patriottica e quella amorosa, e con la sua catastrofe finale, il suicidio. La sua casa, una tipica villa veneta con giardino murato e grande fattoria annessa, che ricorda certe fattorie emiliane come quella che Bertolucci scelse per il suo film Novecento, si chiama oggi Villa Gottardo.

Ma l'esempio più illuminante è quello di Francesco Petrarca. Nel 1370, all'età di sessantasei anni, egli venne ad abitare nel paese che oggi si chiama appunto Arquà Petrarca, e che ne custodisce la tomba proprio davanti al duomo, in una piccola piazza con strade a saliscendi, molto dislivellata. La struttura di questa tomba ricorda quella di Antenore a Padova. (Antenore, come si sa, fu il mitico fondatore di Padova, un troiano compagno di Enea, partito da Troia assieme a quest'ultimo ma giunto molto prima in Italia con un viaggio fulmineo, mentre Enea navigava per tutti i mari. Padova, infatti, fu fondata prima di Roma, e davanti alla prefettura sta la tomba del suo mitico fondatore). A pochi metri, lungo la strada di accesso al paese, Francesco Petrarca aveva la sua casa: silenziosa, rustica, con poche stanze, con una piccola loggia che offre allo sguardo tutto il paesaggio digradante, verdissimo.

Mezzo millennio dopo la morte del Petrarca, il Carducci tenne ad Arquà uno storico discorso, ma prima e dopo di lui vennero anche Alfieri, Byron, Fogazzaro, esponenti più significativi di un pellegrinaggio che dura ancora oggi. E che naturalmente inventa le sue leggende: presso la chiesa, sulla strada per Monselice, c'è una fontana di cui comunemente si attribuisce la costruzione al Petrarca, ma è quasi certo che fu costruita un secolo prima del suo trasferimento lì.

Mi sia consentita una divagazione: basterebbe confrontare la casa del Petrarca con quella di Gabriele D'Annunzio, in riva al Garda, per capire moltissimo su questi due poeti e sulle tensioni ideali che incarnavano. D'Annunzio costruiva nel Vittoriale il proprio museo, il museo della propria vita; una barocca, terrorizzante imbalsamazione della sua storia costellata di «imprese».

Lì D'Annunzio non viveva la vita, viveva se stesso, e chi passa oggi per quei saloni, per quei viali, per quei giardini entra in un ambiente trionfalistico, sovraccarico, ossessivo; l'intero paesaggio prende questa coloritura.

Ad Arquà non trionfava un eroe, ma si rifugiava un uomo lacerato: fra il medioevo morente e il nascente Umanesimo, fra il misticismo e l'ascetismo da una parte, e l'interesse per i beni terreni dall'altra. Si chiudeva l'era di Beatrice, si preparava l'era di Fiammetta, e Laura era un po' l'una un po' l'altra. Petrarca non poteva trovare che nei Colli Euganei il paesaggio dolce e quietante, in un certo senso «terapeutico», di cui aveva bisogno.

Il tragitto da Abano ad Arquà è un itinerario completo, uno dei due o tre più interessanti, perché consente di passare per Montegrotto e Battaglia, quest'ultima con alcune magnifiche ville cinquecentesche: Villa Selvatico, avvolta dai cipressi, e l'imponente Cataio. Siamo nei paraggi dei due grandi centri cittadini dei Colli Euganei, Este e Monselice, che hanno assunto un'importanza primaria nella regione anche grazie alla loro posizione un po' defilata, sulla strada statale che congiunge Padova a Mantova.

Monselice è una cittadina sorta in epoca remota attorno a un colle basso e tondo, sul quale si arrampica una stradetta ripida che porta al santuario detto delle Sette Chiese. È un posto molto bello, e da sempre molto caro ai cattolici, poiché custodisce spoglie di martiri. Proprio sulla vetta del colle c'è la Rocca, una fortificazione di cui si ignora l'epoca di origine, ma che fu rifatta da Federico II di Svevia. Da lì, la vista domina l'intera città.

Este fu il luogo di stanziamento di una delle più antiche e ignote civiltà italiche, la civiltà atestina, di cui il museo locale offre notevoli testimonianze; successivamente fu un nucleo propulsivo del cristianesimo, come dimostrerebbero i resti di una supposta basilica paleocristiana e la storia delle sue varie chiese.

Fra i paesi minori, il più noto e frequentato è Teolo, da cui parte una fitta rete di itinerari turistici. A volte viene incluso nel percorso del giro ciclistico d'Italia, credo un po' per motivi sportivi (la strada è un continuo saliscendi che «spezza» le gambe), un po' per motivi «promozionali». Teolo è nota perché pare sia stata anch'essa uno dei primi centri del cristianesimo, e perché qui è nato Tito Livio. Tito Livio che, come si sa, è uno dei massimi storici romani, ma è lo storico delle origini, dei miti e delle leggende, che egli raccoglie e trasmette a noi come se fossero verità.

Un autorevole studioso tedesco, Teodoro Mommsen, ha scritto perciò che Tito Livio è lo storico della grandezza «mentita» di Roma, mentre Tacito è al contrario lo storico della grandezza «vera». Tito Livio scrive leggende, Tacito scrive tragedie.

Naturalmente non è per simili ragioni che questo paese è oggi visitato e frequentato, bensì perché esso è il cuore del sistema collinare euganeo, crocevia delle strade più belle, e l'area che lo circonda è perciò ricca di trattorie e ristoranti, dai raffinati ai popolari. La cucina che offrono è sempre molto caratteristica, con abbondante uso di selvaggina, animali da allevamento e soprattutto da cortile. Meno sviluppata è la rete degli alberghi: i colli confinano ovunque con la campagna, sede di una delle civiltà contadine più arcaiche e caratteristiche d'Italia, e i contadini non conoscono ferie, ma soltanto gite.

Vicinissimo a Teolo ci sono il Monte della Madonna, con un santuario, e il Monte Venda, che è il più alto di tutti i Colli Euganei; sul Venda, sul Monte della Madonna, sui Monti di Rovolon, su quelli di Montemerlo passano le passeggiate più interessanti, accanto a castelli del Barbarossa e a rocche vescovili, ora in abbandono.

Come si può capire, questi luoghi sono stati ampiamente usati dalla Chiesa per il loro silenzio e la loro suggestione, che suscitano e conciliano il sentimento mistico. È una funzione che continuano ancora ad adempiere: santuari, eremi, case per esercizi spirituali sono qui concentrati. Sono posti difficili da scoprire, ma in ciò riflettono anche il carattere appartato dell'uomo veneto.

Fra le ville più note e importanti va ricordata almeno Villa Papafava, di proprietà dei conti omonimi, in località Frassanelle. È un edificio squadrato, alto, circondato da un vasto parco, con un laghetto e delle grotte.

A poca distanza sorge l'Abbazia di Praglia, una costruzione così imponente che per vederla tutta bisogna salire sul Monte delle Are, che la sovrasta. È vecchia ormai di quasi novecento anni, durante i quali ha attraversato e sofferto molte vicende: Napoleone l'aveva addirittura soppressa e ne aveva fatto trafugare le opere.

Oggi l'Abbazia è abitata dai benedettini, che durante la giornata si disperdono per i colli a lavorare (coltivano orti, campi, vigneti) e per chiamarsi l'un l'altro si servono della campana: hanno inventato una specie di alfabeto morse per cui ad ogni frate corrisponde una piccola serie di rintocchi, rapidi o lenti, e con questo sistema si chiamano inseguendosi per le campagne e le colline. Fanno anche pensione: nell'edificio c'è un'ala riservata agli ospiti, la foresteria, composta di stanzette dormitori, frequentata da studenti universitari e da intellettuali in cerca di concentrazione (vi soggiornò per qualche tempo anche Antonio Fogazzaro). Inoltre si dedicano da lungo tempo all'arte del restauro del libro, di cui il pubblico può apprezzare gli esiti in periodiche esposizioni; in permanenza, può invece acquistare vino, liquori, frutta e miele direttamente prodotti dai frati.

Sulla vetta del monte Rua sorge l'Eremo dei camaldolesi, eretto nel Trecento. Qui soggiornò Papa Gregorio XVI, che era appunto un camaldolese, nonché il grande latinista Concetto Marchesi, amatissimo nel Veneto perché fu uno dei capi della Resistenza.

Sono tutti luoghi da raggiungere uno alla volta con mezzi propri, restandoci quanto si vuole. Chi va alla scoperta dei Colli Euganei, di questi e degli altri posti che non ho potuto menzionare, troverà dunque nell'automobile il mezzo migliore.

Ma se il tempo scarseggia c'è un'altra soluzione: si può, infatti, noleggiare un aereo con pilota all'aeroporto di Padova, e con una spesa modica (sulle 40mila lire) si fa il giro dei colli. Sono aerei piccoli, trasportano tre persone compreso il pilota. Ronzano come mosconi, e ballano nel vento. Ma hanno una tradizione rassicurante: non ne è mai caduto nessuno.

«Qui Touring» - marzo 1984

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