Lo smacco grillino in Commissione Esteri, il termovalorizzatore di Roma, il Superbonus, l'Ucraina. La maggioranza di governo ormai procede in ordine sparso su tutti i dossier più importanti. A partire dalla guerra. La Lega e il M5s di Giuseppe Conte rilanciano sulla pace e dicono basta all'invio di armi a Kiev, il Pd con il segretario Enrico Letta mette in standby il fronte giallorosso. «Con i 5 Stelle non abbiamo mai fatto niente di serio elettoralmente - dice Letta alla Festa Dem di Empoli - Abbiamo lavorato in occasione di un governo Conte che è stato un buon governo, che ha lavorato bene in un momento difficile». Con il proporzionale dietro l'angolo la coalizione demostellata è in un limbo. «Ora stiamo valutando, con spirito massimamente costruttivo. Io su questo sono molto pragmatico», insiste Letta.
E fonti della Lega in serata vanno all'attacco del Pd: «Incredibile: tocca solo a Lega e Forza Italia parlare di pace e diplomazia, mentre Pd e altri insistono su armi e guerra». Concetto ribadito anche in una «affettuosa telefonata» tra Salvini e Berlusconi. Il leader della Lega «si è complimentato col Cavaliere per la convention di Forza Italia a Napoli, ribadendo l'impegno comune per pace e lavoro».
Sul conflitto russo-ucraino si fa sentire anche Conte in un'intervista al quotidiano spagnolo El Pais: «L'Italia ha già mandato molte armi all'Ucraina, adesso è il momento della diplomazia», ribadisce l'ex premier. Che stoppa le voci sulle visioni diverse tra lui e Luigi Di Maio: «Anche il ministro degli Esteri sta lavorando in questa direzione ed è convinto degli sforzi diplomatici per arrivare a un cessate il fuoco».
Conte auspica un'offensiva diplomatica guidata da Italia, Germania, Francia e Spagna e reitera il suo no ad ulteriori forniture di armi, che però, se ci saranno, non dovrebbero passare attraverso un voto parlamentare e un nuovo decreto. Conte è accerchiato e continua a cannoneggiare contro il governo di Mario Draghi, ma la tentazione dello strappo potrebbe rivelarsi un'arma spuntata. Infatti in Parlamento non tutti i grillini vedrebbero di buon occhio un eventuale passaggio all'opposizione. Perciò - al momento - le provocazioni dell'ex premier sono da derubricare alla stregua di una campagna mediatica in vista delle elezioni politiche del 2023. Un percorso che si avvarrà anche di un «rebranding» del marchio Cinque Stelle, annunciato all'Adnkronos da Mario Turco, vicepresidente del M5s e fedelissimo di Conte. Con il nome dell'avvocato che potrebbe fare capolino nel nuovo simbolo.
I dubbi sulla crisi di governo rimbalzano nelle chat dei parlamentari stellati. «Temo che Conte voglia sfilarsi dal governo», avverte il 5S Vincenzo Spadafora, mentre un deputato ammonisce: «Sarebbe irresponsabile staccare la spina in questo momento, anche perché nei sondaggi continuiamo a scendere». Tra i tanti pragmatici di Montecitorio e Palazzo Madama che non vogliono correre il rischio di perdere un po' di mesi di stipendio si ragiona sul fatto che una possibile uscita del M5s dalla maggioranza provocherebbe la fine della legislatura. Una tagliola per quasi tutti gli eletti dei Cinque Stelle, che sanno bene di avere pochissime chance di rielezione.
Ed è particolarmente caldo il capitolo del termovalorizzatore a Roma. Il Movimento ha già pronto un emendamento al Dl Aiuti per stoppare il nuovo inceneritore voluto dal sindaco dem Roberto Gualtieri.
Dopo le minacce dell'altro vice di Conte, il deputato Michele Gubitosa, anche Turco rilancia l'avvertimento al governo sull'ipotesi della fiducia al decreto: «La fiducia non sarà messa, confidiamo nel senso di responsabilità del governo, l'Italia non può permettersi una crisi in questo momento».
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