«Tradimento», «un colpo alle donne e alle famiglie», «una botta», «colpo di grazia». Sono i termini utilizzati da esponenti del Pd, di Azione e Italia Viva per commentare la rimodulazione del Pnrr relativamente al target finale di asili nido e scuole dell'infanzia: L'obiettivo è stato, infatti, ridotto da 264.480 a 150.480.
Dinanzi a questo fuoco di fila il governo è stato costretto a spiegare ciò che già dalla scorsa primavera sembrava ovvio e che ci è già costato un ritardo nell'erogazione della terza e della quarta rata. Le dotazioni finanziarie per la realizzazione di questa missione del Piano sono insufficienti perché, ha spiegato in via informale Palazzo Chigi, «i costi delle materie prime, rilevati in base ai costi di aggiudicazione degli appalti al 30 giugno 2023, sono cresciuti di almeno il 50% rispetto alle stime del 2021». A fronte di risorse prefissate, gli interventi sono risultati inferiori sia in termini di metri quadri che di nuovi posti aggiuntivi.
C'è poi un altro problema che già era stato riscontrato relativamente alla costruzione di nuovi alloggi universitari: «la Commissione europea non ha ritenuto ammissibili gli interventi di messa in sicurezza, di demolizione e ricostruzione, nonché i centri polifunzionali, selezionati nel 2021-2022 dal precedente governo». Per spiegarla in maniera ancora più semplice: quando si parla di «nuovi posti», Bruxelles intende quelli costruiti ex novo e non quelli rivenienti da opere di ristrutturazione di strutture esistenti o dal recupero di altri spazi. A queste difficoltà bisogna aggiungere che l'esecutivo Ue non ha riconosciuto ammissibili le spese per l'avvio della gestione del servizio, «in quanto il Pnrr non può sostenere spese correnti, operando un taglio di 900 milioni di euro».
Si tratta di una questione che riguarda tutte le famiglie italiane poiché è notoria la carenza di servizi di assistenza alla prima infanzia. E su problematiche attinenti la vita quotidiana la faziosità politica è inopportuna, mentre sarebbe necessario spirito di collaborazione. Invece il segretario Pd alla Camera, Elly Schlein, ha lamentato che «nessun'altra voce sia stata sforbiciata così tanto: si tratta di scelte contro i bambini e le donne».
Questi attacchi hanno costretto l'esecutivo a spiegare che «non sarà definanziato nessun intervento già aggiudicato benché non contribuisca al target finale, così come conteggiato dalla Commissione Ue» e che «saranno mantenute le risorse in conto corrente già assegnate ai Comuni» perché «questi interventi contribuiscono comunque al potenziamento dei servizi educativi nella fascia 0-6 anni»
Allo stesso modo, si continuerà a investire in asili nido per aumentare il numero dei posti, per raggiungere, come richiesto dal Consiglio Ue nel 2021, il 33% di copertura del servizio a livello nazionale entro il 2026.
A questo scopo saranno adottati due piani dedicati agli asili nido per complessivi 1,4 miliardi. Il primo da 530 milioni con le risorse già finanziate nel dl Caivano. In seguito, saranno rimodulati circa 900 milioni di risorse nazionali per altri piani di edilizia scolastica.
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