Mentre al Nazareno, nella fase di degenza post elettorale, rispunta la «ditta», le donne del Pd pretendono le vicepresidenze di Camera e Senato ed entrambi i capigruppo. Per la parte dem, questo è il tempo in cui dice la sua chi viene considerato saggio. Anche se, a dire il vero, parlano un po' tutti. Se quella di D'Alema dalle pagine de Il Fatto Quotidiano appare come un'offensiva senza sconti - tipica del genere «ve l'avevo detto» -, le parole di Walter Veltroni e Pierluigi Bersani assomigliano di più a tentativi di salvare il salvabile della causa di Enrico Letta. «Io non so che rapporti abbiano i dirigenti del Pd con la società italiana. Mi domando persino dove prendano il caffè la mattina, perché il risultato ha detto esattamente l'opposto», tuona il leader Maximus dal giornale diretto da Marco Travaglio. L'obiettivo è anche quello di far passare un messaggio chiaro sull'indispensabilità grillina. Veltroni su La Stampa invita al ritorno «alle radici» riformiste, mentre Bersani dal Corriere della Sera, sottoscrivendo la posizione del suo delfino Giuseppe Provenzano, chiede lo stop delle primarie. Rispetto a D'Alema, è acqua sul fuoco. Ragiona a microfoni aperti chi potrebbe occuparsi del futuro come Stefano Bonaccini, che non vuole sentir parlare di scioglimento: «Regalo alle destre», lo definisce il presidente di Regione. Base Riformista, ridimensionata nei numeri dopo le elezioni, chiede a gran voce l'inizio del congresso. Non solo: i post renziani, a Roma, domandano al sindaco zingarettiano Roberto Gualtieri di allargare la maggioranza ai calendiani. Sono segnali di riposizionamento, forse, e sicuri distinguo sul Pd che verrà, se verrà. Un'idea che circola è quella di prorogare l'incarico a Letta finché la pallina che corre sul piano inclinato non dà segni di rallentamento. Ma li darà mai? La novità più concreta, però, proviene dalle donne elette, che si preparano alla direzione nazionale di oggi stilando un documento: chiederanno tutti i posti istituzionali di rilievo tra quelli parlamentari. Non saranno concordi Orlando e Franceschini, che vogliono le vicepresidenze delle Aule. Potrebbe innescarsi un cortocircuito niente male. La Repubblica anima il dibattito con un paginone: «È ora che il Pd faccia qualcosa di sinistra». C'è spazio anche per il «nannimorettismo» di ritorno. Fassino, altro saggio, ha già spiegato come la situazione non sia destinata a migliorare con un semplice cambio di leadership. È il ritorno della ditta ed è in gran completo.
Nel frattempo, Conte si sfrega le mani, rilanciando la manifestazione pacifista sul conflitto mosso da
Vladimir Putin. Nel sottobosco parlamentare, iniziano a circolare i nomi di chi, tra i dem, parteciperebbe volentieri alla piazza. Il capo grillino vuole un esordio da capo dell'opposizione: la leadership del M5S non gli basta più.
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