
Quasi sempre alla vigilia di decisioni chiave per l'Ue, o in eventi d'importanza mediatica e strategica come il G7 in Puglia, Macron non ha risparmiato frecciate al governo italiano: personali o da membri dei suoi svariati esecutivi, nel frattempo caduti e rimpastati, le frizioni si sono sommate da quando Meloni è a Chigi. Su Ucraina, immigrazione, aborto e diritti, i «picchi» di distanza tra i due.
Neppure un mese dopo il giuramento al Quirinale, prime tensioni diplomatiche. L'allora ministro dell'Interno Darmanin denunciò il «comportamento inaccettabile» del governo, «reo» di non aver concesso lo sbarco alla Ocean Viking della Ong Sos Mediterranée con 234 migranti: annunciò che sarebbe stata la Francia ad accogliere «a titolo eccezionale» la nave, che giunse a Tolone. Per Darmanin furono dolori, perché per la prima volta, era l'11 novembre 2022, le autorità francesi si resero conto di cosa volesse dire organizzare l'accoglienza a terra e attivare procedure per anni demandate all'Italia. Alla forzatura di Roma, Parigi rispose sospendendo la redistribuzione di 3.500 rifugiati «italiani».
Meloni instillava intanto a Bruxelles nuove ricette su asilo e Africa: Piano Mattei, modifiche al Patto Ue sull'immigrazione siglato poi a 27; chi arriva a Lampedusa sbarca in Europa. Ma già in precedenza c'erano moniti: l'allora premier Borne annunciò (settembre '22) che la Francia avrebbe «vigilato» sull'Italia. Una spia di allarme sull'altalena dei rapporti. Difficili. Toccò a Macron esprimere «rispetto» per gli elettori, e far appello «a lavorare insieme». Ma la «Macronie», complici certi media transalpini che definivano la premier di estrema destra, ha continuato ad alzare i decibel.
A poco a valse la prima stretta di mano tra Meloni e Macron in un hotel romano, dove iniziarono a parlare di Kiev e Ue. Era il 23 ottobre '22. L'acuirsi della crisi ucraina riaccese le mire di un Macron orfano del ruolo di presidente di turno del Consiglio dell'Ue: primo semestre 2022, zeru tituli e l'arcinoto tavolone di Putin. Poi nuovo scontro Roma-Parigi con l'aspra critica di Meloni Vs Macron: ché l'8 febbraio '23, vigilia di un Consiglio europeo storico, invitò Zelensky all'Eliseo con Scholz senza coinvolgere la premier. Per Meloni, fu «inopportuno». E dopo un no comment sulla stoccata, Macron disse: «Eravamo nel nostro ruolo particolare», sminuendo Roma nel corso della prima visita di Zelensky a Bruxelles da inizio guerra. Gelo. Per settimane.
Miccia migranti riesplosa a maggio '23: politica italiana «inumana e inefficace, si deve denunciare l'incompetenza», Meloni demagoga, tuonò l'allora capo partito di Macron, Séjourné. La premier tagliò corto: «Credo si utilizzi la politica degli altri per regolare conti interni», visto il paragone con Le Pen. Il lavorio tra ministeri evolveva intanto in cooperazione tra Ventimiglia e Mentone, ma con continui saliscendi «continentali» dei due leader, tra antagonismi e colpi bassi dell'Eliseo. Dopo le «europee», dato l'esito premiante le destre, sgambetti dei macroniani su Fitto vicepresidente esecutivo e conventio ad exludendum; finita nel nulla. L'apice dello scontro, al G7 di Borgo Egnazia. Giugno scorso. Presidenza italiana. Altro sale sulle ferite causa paragrafo sull'aborto: «Sensibilità diverse», notifica Macron. «Sbagliato far campagna usando il G7», l'affondo della premier, visto l'Eliseo alle prese col voto anticipato causa crisi. Infine, Tirana. «Volenterosi» senza Meloni, che si distanzia dall'invio di truppe a Kiev. «Parlavamo di cessate il fuoco...
», l'irritazione di Macron. Che, piccato, attribuisce a Meloni «fake news» aggiungendo che «ce ne sono a sufficienza» dalla Russia. Nel mezzo, il disappunto per la visita a Trump, sui dazi, non concertata con i 27. «A che titolo sei andato?».