Ancora alleati con i 5 Stelle, ma “se non tornano quelli del vaffa e degli attacchi alle istituzioni”. Una brusca frenata del confronto con Italia Viva e Azione: “Nel cosiddetto centro c’è un accampamento di piccoli partiti personali”. E il pieno sostegno al governo Draghi, promosso sulla questione del blocco dei licenziamenti: “Ha rafforzato gli ammortizzatori sociali”. Nell’intervista a IlGiornale.it, Andrea Romano, deputato del Partito democratico ed esponente della corrente Base riformista, affronta i temi di attualità.
Il Pd si appresta a vivere una tornata elettorale delicata alle Amministrative. Ritiene siano state gestite bene le candidature, soprattutto a Roma e Napoli?
"Abbiamo fatto prevalere i criteri territoriali, come deve essere nelle elezioni comunali, senza soluzioni calate dall’alto. A Roma siamo stati coerenti. Abbiamo sempre detto che non c’era l’ipotesi di alleanza con la Raggi. La ragione è semplice: è stata un’amministrazione catastrofica. Alcuni dicevano che alla fine ci saremmo accordati, invece abbiamo messo in campo - attraverso primarie - una figura autorevole e radicata del Pd come quella di Roberto Gualtieri. Siamo fiduciosi. A Napoli il territorio ha optato per una soluzione diversa, che vede in Manfredi un candidato espressione dell’eccellenza di quel territorio. È stato anche un ottimo ministro. Faccio, infine, notare che la destra ancora oggi non ha scelto i candidati nelle altri grandi città, tranne Roma".
Con Calenda non si poteva trovare un’intesa a Roma?
"Purtroppo il suo obiettivo è sempre stato quello di far perdere il Pd, si candida solo con intenti polemici. È diventato di fatto un alleato della Raggi. Mi ricorda l’operazione Scalfarotto in Puglia: voleva solo far perdere la sinistra per farsi riconoscere come interlocutore con cui trattare".
Intanto il Movimento 5 Stelle, alleato del Pd, è esploso. Cosa deve fare il Partito democratico per non subire il danno di questa situazione?
"Il Pd ha creato un’alleanza di governo con il M5S. Era utile e necessaria all’Italia. Pensiamo al cambio di governo dal governo gialloverde al Conte 2, che ha riportato l’Italia al centro dell’Unione europea. Cosa sarebbe stato del nostro Paese in pandemia se fosse proseguito quel governo profondamente antieuropeo? Allo stesso tempo non ho mai ritenuto l’alleanza strategica e irreversibile".
Quindi non per forza alleati con i 5 Stelle?
"Ripeto: l’alleanza è utile e necessaria. Ma non ho mai creduto alla sua connotazione in termini religiosi e ideologici. Il M5S è una forza in piena transizione e vedremo dove approderà. Ho grande rispetto per gli elettori che hanno votato M5S. E chi ha usato toni irriverenti con quegli elettori ha sbagliato. Poi la polemica politica è un’altra cosa. Faccio un esempio: da livornese ho condotto tante battaglie contro l’ex sindaco Nogarin (del M5S, ndr). E sono contento che oggi il sindaco sia Luca Salvetti e che il Pd livornese sia al centro del governo locale".
Meglio un Movimento 5 Stelle contiano o grillino?
"Tra Grillo e Conte, il Pd deve stare con il Pd. Non è nostro compito scegliere. Come sta facendo Letta, dobbiamo impegnarci a rafforzare il nostro partito e la nostra identità. Poi mi auguro che il M5S non torni indietro, non diventi di nuovo la forza del “vaffa”, dell’antieuropeismo, degli attacchi alle istituzioni democratiche. Attaccavano le istituzioni per indebolirle, era l’aspetto più inquietante. Quando ancora oggi Grillo parla di democrazia diretta, mi chiedo cosa intenda. La democrazia diretta non esiste. Esiste la democrazia rappresentativa".
Insomma, nonostante tutto, l’alleanza andrà avanti?
"C’è bisogno di grande pragmatismo. Vediamo come va a finire questa transizione. Se c’è il ritorno al Rousseau, al “vaffa”, il ritorno nelle braccia della Cina, sarà un problema insormontabile. Tra il Di Maio ministro degli Esteri europeista e atlantista e quello che stava con i gilet gialli, non ho dubbi su cosa scegliere. A me non interessa che sia in contraddizione con il passato del Movimento. La politica è anche miglioramento del possibile, non “tanto peggio, tanto meglio”. E sono contento che i 5 Stelle abbiano cambiato idea su molte cose, perché è un merito del Pd".
Oltre il M5S chi sono gli altri interlocutori del Pd? Si profila un nuovo Ulivo, che va da Calenda alla sinistra?
"Non penso che la formula giusta sia quella degli anni Novanta. L’Italia non è più quella del 1996, anche perché le forze politiche non sono le stesse di quegli anni. Pensiamo al cosiddetto, e sottolineo cosiddetto, centro, in cui ci sono Azione, Italia Viva e +Europa: non sono paragonabili ai Popolari di allora. Sono un accampamento di piccoli partiti personali, molto rumorosi e molto piccoli, con un impianto poco moderato e molto radicale. E intanto si fanno la guerra tra di loro".
Non proprio il viatico di un dialogo…
"Vediamo cosa uscirà da questo cosiddetto centro. Ci sono partiti come Italia Viva e Azione che hanno come obiettivo la distruzione del Pd. Difficile allearci con chi ha l’intenzione di distruggerci. Basti guardare a Roma. Poi, certo, le alleanze servono: nessuno può pensare di andare da solo. Molto, comunque, dipenderà dalla legge elettorale. E personalmente credo che sarebbe utile ragionare su un impianto proporzionale con alte soglie di sbarramento. Avrebbe un effetto di tipo maggioritario e stabilizzatore del quadro politico".
A sinistra c’è qualche interlocutore tra Speranza e Bersani?
"A sinistra c’è maggiore razionalità. Articolo Uno deve riconoscere, lo dico con rispetto, che la scissione non ha funzionato. Ma ci sono forze coerenti e lineari. Si capisce cosa vogliono".
Parlando dell’azione di governo, Draghi ha tirato dritto sullo sblocco dei licenziamenti. Teme il rischio di tensione sociale?
"Il rischio di tensione sociale c’è in tutti i Paesi colpiti dalla pandemia. Le economie occidentali hanno vissuto una stagione traumatica. La risposta del governo, e quindi anche del ministro Orlando, è stata giusta. C’è stato un approccio pragmatico e non ideologico. In alcuni settori, quelli più in sofferenza, è stato mantenuto il blocco. Nel frattempo sono stati rafforzati gli ammortizzatori sociali. Con l’ultimo Consiglio dei ministri è arrivato un impulso alla riforma e al rafforzamento degli ammortizzatori sociali, anche grazie al superamento del cashback. È una misura giusta e condivisibile".
Appunto, il cashback. La misura era stata approvata con una maggioranza, in cui c’era anche il Pd con il Conte bis.
"Era una misura sperimentale i cui effetti sono stati valutati su base pragmatica. Il funzionamento è stato limitato, ce lo dicono anche i commercianti. Ci sono stati effetti distorsivi, con la proliferazione dei mini pagamenti".
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