Sul balletto di responsabilità per le mancanze nei soccorsi al caicco naufragato a pochi metri dalla spiaggia di Cutro, piomba l'indagine della procura di Crotone. Che vuol fare luce su quello che è successo dal momento in cui l'aereo di Frontex ha segnalato la presenza dell'imbarcazione, alle 22.30 di sabato, a quando l'imbarcazione si è disintegrata sugli scogli, alle tra le 4.30 e le 4.55. Il procuratore capo, Giuseppe Capoccia, aveva già anticipato in un'intervista a Repubblica come, pur non vedendo in quanto accaduto quella notte gli estremi per una omissione di soccorso, si era evidenziato come il sistema del Search and Rescue potesse essere «smagliato», declinandosi, pur se in buona fede, «in un vado io, vai tu che alla fine può portare a situazioni tragiche come questa».
Un grottesco pasticcio burocratico? Non aiutato a fare chiarezza la sovrapposizione di diverse versioni quelle di Frontex, della Gdf e della Guardia Costiera più attente a difendere il proprio operato che a chiarire dove si sia nascosto l'anello debole nella catena di comando delle operazioni. Così ora, su incarico della procura, sono al lavoro i Carabinieri per cercare di comprendere le eventuali criticità che hanno portato le operazioni nella notte tra sabato e domenica a indirizzarsi su un blando «law enforcement», con l'uscita e il rientro in porto senza aver intercettato la barca - di due natanti delle Fiamme gialle, e non su una missione di ricerca e soccorso. Tanti i dubbi che la procura spera di dissipare sulle eventuali mancanze sfociate nel tragico naufragio e nella morte di 67 migranti.
Al momento, nel fascicolo si conta di ricostruire gli eventi tra le 22.30 di sabato e l'alba di domenica. Partendo da quello che già si sa e analizzandone la correttezza. Il primo punto è l'allerta dato dall'aereo di Frontex alle 22.30, su una barca in navigazione con un solo uomo in coperta, e che solo la telecamera termica sembrava suggerire fosse sovraccarico. La segnalazione arrivata all'Italia mezz'ora più tardi era per un soccorso in mare? No, stando a quanto detto due sere fa a Bruno Vespa dal responsabile comunicazione della Guardia costiera, Cosimo Nicastro. Per lui, l'allerta di Frontex «è stata trasmessa all'International coordination center, che è il punto di contatto non per le operazioni di ricerca e soccorso ma per le operazioni di polizia in mare». Dunque è Frontex che se ne lava le mani e indica nelle autorità italiane le responsabili di ogni decisione in merito - a segnare la strada, fatale, del law enforcement? Sempre Nicastro ha spiegato come la motovedetta e il pattugliatore della Gdf, usciti a mezzanotte a «caccia» del caicco, tornati in porto e poi di nuovo in mare alle due di notte, ma ancora senza esito, dopo l'ultimo rientro in banchina abbiano contattato la Capitaneria di Porto di Reggio Calabria, ma senza segnalare alla Guardia costiera «situazioni critiche che facciano pensare che l'operazione di polizia si stia trasformando in un'operazione di emergenza», anche se la Guardia costiera, a quel punto, pur scegliendo di non avviare l'operazione di salvataggio, avrebbe comunque iniziato a predisporre «il dispositivo Sar». Ma il soccorso, come è noto, partirà solo a naufragio avvenuto.
Eppure le condizioni del mare, secondo lo stesso comandante della capitaneria di porto di Crotone, Vittorio Aloi, non erano proibitive per le motovedette. Un puzzle intricato. Che sarà la procura di Crotone a provare a ricomporre.
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