"Basta cellulari a scuola" una legge anti-furbetti Ma il ministro dice no

Proposta di Capitanio (Lega) e Gelmini (Fi) per il divieto totale. Bussetti: «Servono alla didattica»

"Basta cellulari a scuola" una legge anti-furbetti  Ma il ministro dice no

Cellulare in classe sì o no? Si torna a discutere dell'ipotesi di vietare l'uso del telefonino in aula, per gli studenti ma anche per i professori. Una vecchia questione, di nuovo attuale perché nel testo di due proposte di legge, di Lega e Forza Italia, riguardanti la reintroduzione dell'educazione civica nella scuola primaria e secondaria, viene riproposta la necessità di regolamentare per legge quella che ormai è diventata un'abitudine difficile da gestire anche per i docenti, sempre più spesso alle prese con la diffusione di video girati in classe durante le lezioni.

Un'idea - quella approdata in Commissione Cultura alla Camera per iniziativa del leghista Massimiliano Capitanio e della forzista Maria Stella Gelmini - che però non piace al ministro dell'Istruzione Marco Bussetti. Secondo il ministro gli studenti meritano fiducia e il telefono può essere uno strumento fondamentale se usato per fini didattici. «Credo molto nel senso di responsabilità dei ragazzi - spiega Bussetti - e quindi mi affido al loro buon senso sull'uso consapevole dei device ai fini di un migliore apprendimento. Condanno invece in maniera decisa l'uso per altri fini».

Già nel 2007 l'ex ministro Giuseppe Fioroni aveva imposto il divieto di utilizzare i telefonini con una circolare. Divieto poi superato un anno fa dall'ex titolare dell'Istruzione, Valeria Fedeli, che ha sdoganato l'uso del cellulare in classe introducendo un decalogo che insegnanti e dirigenti scolastici sono tenuti a far rispettare, aprendo un dibattito nel mondo della scuola tra chi è favorevole al divieto assoluto, come in Francia, e chi ritiene invece i cellulari un'opportunità per cambiare il modo di studiare. Tanto che già molte scuole utilizzano i tablet per l'attività didattica.

La proposta di legge della Lega, invece, prevede che i dispositivi di telefonia mobile non vengano usati negli edifici scolastici, men che meno in classe. Divieto esteso anche ai professori, che devono rappresentare un modello di riferimento esemplare per i ragazzi. Il testo della Gelmini, facendo leva sull'autonomia scolastica, lascia piuttosto ai singoli istituti la possibilità di fissare dei paletti per regolamentarne l'uso, un po' come previsto dalle regole imposte dalla Fedeli e come di fatto accade già in diverse scuole, dove i dispositivi elettronici devono essere consegnati prima di entrare in classe.

Anche i presidi sono sulla stessa linea del ministro e non vogliono una legge nazionale che vieti l'uso del cellulare in classe. «È rimesso alle singole scuole, in autonomia, di rivedere semmai il regolamento d'istituto. Ma certo non possiamo vietare che i telefonini entrino in classe: non è che possiamo perquisire gli alunni, né del resto avremmo lo spazio per tenere in un luogo protetto che so, mille apparecchi», sostiene Antonello Giannelli, presidente nazionale dell'Anp, l'associazione nazionale dirigenti pubblici e alte professionalità della scuola. Anche il sindacato della scuola Anief ritiene inutile proibire i cellulari in classe: «Siamo favorevoli all'utilizzo del telefonino ovviamente solo per motivi didattici. Anche ai professori verrebbe sottratto uno strumento utilissimo per preparare e tenere le lezioni».

C'è anche la questione del registro elettronico da tenere in considerazione, spesso aggiornato grazie alle linee telefoniche dei cellulari dei docenti, sottolinea l'Anief. Favorevole ai telefoni in classe anche Vittorio Sgarbi: «Così gli studenti hanno il vantaggio di avere in tasca tutti i libri del mondo».

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