Si chiude definitivamente la vicenda giudiziaria legata all'omicidio di Lidia Macchi, a 34 anni dal delitto. La Cassazione ha confermato l'assoluzione di Stefano Binda decisa dalla Corte d'assise d'appello di Milano nel luglio 2019. L'uomo, compagno di liceo della vittima, in primo grado era stato condannato all'ergastolo. Quello della studentessa ventenne di Varese, stuprata e uccisa con 29 coltellate a Cittiglio il 5 gennaio 1987, resta così un caso irrisolto. Ma per Binda è «la fine di un incubo».
«Dopo aver attentamente letto le sentenze precedenti e aver appena appreso il risultato della Cassazione vogliamo chiarire alcuni punti - dichiarano Paola, Stefania e Alberto Macchi, madre e fratelli di Lidia -. Crediamo che durante il corso delle indagini e soprattutto dei processi non siano emerse prove a sufficienza per ritenere che Stefano Binda sia stato l'assassinio di Lidia e pertanto comprendiamo la sua completa assoluzione». I familiari, assistiti dall'avvocato Daniele Pizzi, aggiungono: «In noi rimarrà per sempre la ferita di non aver trovato il colpevole della morte di Lidia, anche alla luce della dolorosa scoperta della distruzione e sparizione di alcuni reperti che con le tecniche moderne avrebbero potuto portare un apporto decisivo».
I Macchi concludono citando uno scritto della giovane: «Nulla, nemmeno il dolore più atroce è privo di senso... è così semplice rispondere eccomi, anche nella notte più fonda, eccomi, sono Tua (Signore) prima di tutto, eccomi, nulla più mi fa paura».
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