Birmingham va in bancarotta. "Colpa della parità salariale"

Troppo alto il conto da pagare alle ex dipendenti. E per la crisi economica rischiano il crac decine di altri comuni

Birmingham va in bancarotta. "Colpa della parità salariale"
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La parità salariale manda in bancarotta Birmingham, che con quasi un milione e 200mila abitanti è la seconda città più grande del Regno Unito, dopo Londra, e la più ampia autorità locale d'Europa con i suoi 101 consiglieri comunali. Il disastro finanziario, in realtà, ha molteplici cause, ma a dare il colpo di grazia - ha spiegato l'amministrazione - è stato un salatissimo conto da pagare, la cui ultima tranche ammonta a quasi 900 milioni di euro (760 milioni di sterline). Un debito «senza precedenti», che ha messo in ginocchio l'ex centro manifatturiero e automobilistico nel cuore dell'Inghilterra, un tempo fulcro della Rivoluzione industriale. E questo nonostante la città sia stata protagonista di una vera e propria rinascita e anche di un boom economico negli anni Duemila.

La cifra è quella che il comune dovrà pagare per soddisfare le richieste di centinaia di dipendenti, per lo più assistenti all'insegnamento, addette alle pulizie e alla ristorazione, tutte donne, vittime di discriminazione retributiva, che non hanno usufruito dei bonus assegnati ad altri dipendenti di sesso maschile nel corso degli anni. La Corte Suprema si era pronunciata a favore di 174 lavoratrici che avevano fatto causa già nel 2012 e il consiglio comunale aveva raggiunto un accordo di compensazione, per rimediare al guaio. Migliaia di dipendenti, in seguito, hanno beneficiato dell'intesa. Tanto che l'amministrazione ha già sborsato quasi un miliardo e 300 milioni di euro. Ma non è ancora abbastanza. Resta un'ultima quota di 900 milioni, cifra che il Comune non può permettersi. «Non abbiamo le risorse», è stata la triste ammissione, che ha costretto martedì le autorità locali a invocare la «section 114», la procedura che certifica una bancarotta di fatto, anche se gli enti locali nel Regno Unito non possono formalmente fallire. Poco cambia. Il risultato è che Birmingham è al crac.

Il mese scorso, il Comune ha annunciato di dover far fronte a un deficit di bilancio di 87 milioni di sterline (100 milioni di euro) per il 2023-24, che salirà a 165 milioni (oltre 190 milioni di euro) nel 2024-25. Per la città vuol dire divieto di procedere ora a qualunque nuovo impegno di spesa e obbligo di definire un piano finanziario d'emergenza entro tre settimane. Ma soprattutto tagli. Una sforbiciata che, nonostante le rassicurazioni sulla protezione dei servizi essenziali, rischia di riguardare manutenzione e pulizia di strade e parchi, servizi per l'infanzia, biblioteche e perfino la frequenza della raccolta rifiuti. Nel mirino rischiano di finire anche i Campionati Europei di atletica leggera del 2026, che qualcuno considera in parte causa dei problemi finanziari della città.

In attesa di un piano di rientro, tra i politici è rimpallo di responsabilità. Se i sindacati difendono le lavoratrici per «i soldi che si sono viste rubare, minuto per minuto», l'amministrazione laburista di Birmingham punta il dito contro il governo conservatore, considerato causa dell'inflazione, dei salari insufficienti e della contrazione dei trasferimenti fiscali versi gli enti locali. Dal canto loro, i Tory accusano il Labour cittadino di incapacità.

Il punto è che dal 2020 sono stati almeno 7 i Comuni finiti in bancarotta nel Regno Unito, da Croydon

a Woking, da Thurrock a Slough. Ma quel che è peggio è che molti altri potrebbero seguire, a causa della complessa congiuntura economica. Entro l'anno prossimo, si prevede che più di una dozzina finiranno come Birmingham.

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