"Bis di Mattarella capo dello Stato? Meglio un nome di area nostra"

L'ex ministro e vicesegretario: "Non possiamo diventare troppo centristi: non convinceremmo né i moderati né gli identitari"

"Bis di Mattarella capo dello Stato? Meglio un nome di area nostra"

L'onorevole Lorenzo Fontana è reduce da un Consiglio federale in cui si è parlato soprattutto di politica. Il che rende l'ex ministro orgoglioso di come il Carroccio si confronti con le istanze interne. Matteo Salvini, ancora una volta, ha tracciato la rotta per il futuro. Al limite - dice Fontana - si tratta di mettere insieme le idee. Su un tema, però, Fontana sembra avere meno voglia di dialogo: per il leghista, è meglio un candidato di centrodestra che un Mattarella bis.

Partiamo dal Consiglio federale. Una linea maggioritaria c'è, come qualche differenza di veduta...

«Un gran bel Consiglio federale. Perché si è parlato di politica. Bisogna trovare una sintesi: da una parte non possiamo perdere le persone moderate, perché ti danno la possibilità di vincere e governare; dall'altra parte, però, se ci si sposta verso il centro, si perde l'elettorato identitario. La Lega non può, all'improvviso, puntare al centrismo spinto. Se non altro perché non è nel suo Dna. Non convinceremmo i moderati e scontenteremmo gli identitari».

Quindi?

«Bisogna fare in modo che la Lega non si snaturi. Se vogliamo superare questo momento, non solo per la Lega ma per tutto il centrodestra, che ha buoni sondaggi ma che deve vincere le elezioni, dobbiamo avere una visione di futuro. Dobbiamo rappresentare l'alternativa alla sinistra ed al modello socialista. Non dimentichiamo chi siamo per le contingenze dei decreti».

Ma di un Mattarella bis che ne pensate?

«Fino a dicembre inoltrato mi pare complicato parlare di queste cose. Preferirei che ci fosse un candidato di area nostra. Il presidente Mattarella è stato votato dalla sinistra e dai renziani. Con questi numeri, direi che possiamo tentare con un candidato di area. Non dico "nostro nostro", ma almeno si può provare. Si tratta di una battaglia difficile e dura, ma dobbiamo giocarcela».

Si dice che esista una Lega di Salvini e una Lega del ministro Giorgetti e dei governatori del Nord. È una narrativa reale?

«La Lega è un partito identitario. Il che non significa nazionalista: la Lega non può essere nazionalista, proprio perché in Italia esistono tante identità. La forza della Lega è questa: non vogliamo omologare tutto da Nord a Sud. Per me è giustissimo che il mio governatore Zaia sia legato al Veneto, come che Fedriga lo sia al Friuli e così via. Esistono differenze che vanno valorizzate. Il nostro modello economico non è quello della multinazionale che cerca di omologare tutto. Uniformare tutto è una forma di socialismo».

E del mancato dialogo con il Ppe in Europa cosa pensa? In Italia siete alleati di Fi...

«Dobbiamo fare in Europa ciò che abbiamo fatto in Italia. Entrare in un gruppo in difficoltà è una tattica di per sé, ma a noi serve la strategia, che è quella ad ampio raggio. Dobbiamo sperare ci sia un Ppe che possa governare assieme a noi come alternativa alla sinistra in Europa. Io voglio dialogare con il Ppe, ma partendo da una strategia. Non voglio governare con i socialisti né in Italia né in Europa».

Torniamo al Consiglio federale: benedetta dialettica politica?

«Ben vengano i Consigli federali. Sono molto contento perché abbiamo parlato di politica e perché ognuno portava istanze che avevano un senso. Istanze che peraltro stanno insieme.

La rivoluzione francese, che secondo me ha avuto tanti lati negativi, non ci sarebbe stata senza gli illuministi. Senza le idee, non arrivano i fatti. Ieri si è capito bene: si trattava di istanze e non di questioni personali».

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