Bonomi sfiducia i partiti e salva solo SuperMario

Il leader di Confindustria: "Naufragata l'idea di un patto per l'Italia". E cita l'Inferno di Dante

Bonomi sfiducia i partiti e salva solo SuperMario

«Nel mezzo del cammin del mio mandato, mi ritrovai per una selva oscura...». Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ha scelto l'incipit dell'Inferno per descrivere ieri all'assemblea privata le asperità affrontate e da affrontare a metà del suo quadriennio al vertice di Viale dell'Astronomia. Il quadro tratteggiato è ancora più pessimistico di quello di padre Dante perché se la Divina Commedia è un viaggio verso la salvezza individuale, quella che racconta Bonomi è la dannazione del fare impresa in questo Paese nel quale l'unica speranza è rappresentata da Mario Draghi.

Il primo fallimento è quello del Patto per l'Italia proposto da Bonomi fino all'anno scorso: un'alleanza industria-lavoro sostanziata dallo scambio tra salari e produttività. «Il Presidente Draghi appoggiò e fece propria con grande energia la nostra proposta - ha ricordato - ma rapidamente si comprese che non sarebbe stata accolta. I partiti preferiscono rapporti bilaterali con il presidente del Consiglio. Non hanno mai firmato impegni comuni». Allo stesso modo, ha attaccato il presidente di Confindustria, «una parte del sindacato ha sempre risposto che avrebbe solo parlato con il governo, e non certo con noi: disconoscendo ogni possibilità di uno scambio di comune convergenza tra produttività e salari, nuove politiche attive del lavoro e nuovi ammortizzatori volti alla formazione e non più meri sussidi». Questo atteggiamento, ha proseguito, è stato sempre incoraggiato dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando, «avendo a propria volta la stessa visione per cui il lavoro non va delegato alle parti sociali ma è la politica che lo decide, spesso ideologica». Non tutti ponti sono però crollati. Ieri Bonomi e il suo vicepresidente Stirpe hanno partecipato al congresso della Cisl di Luigi Sbarra, uno dei pochi interlocutori rimasti.

Il populismo della spesa pubblica sempre e comunque continua a generare mostri e dopo i 110 miliardi dilapidati dal governo Conte in vari bonus assistenziali post-pandemia, ora è la volta delle riforme associate al Pnrr «annacquate e in crescente ritardo»: dalla delega fiscale al ddl concorrenza. Alle macerie economiche della pandemia si sovrappone ora la devastazione della guerra. «La speranza era di continuare con forza il rimbalzo realizzato nel 2021, ci troviamo invece al terzo mese di invasione russa dell'Ucraina, che ha aggiunto nuovi enormi impatti sull'economia». A tal proposito ha sottolineato come il Centro studi Confindustria sia stato il primo a rivedere al ribasso il Pil 2022 attorno al 2 per cento.

Ecco perché al Paese occorrerebbero riforme, ma «i partiti dell'eterogenea coalizione di governo non hanno mai davvero condiviso uno spirito di concordia e cooperazione nazionale» e, man mano che si avvicinano le elezioni, «ciascuno di essi ha iniziato ad anteporre bandierine identitarie».

Dinanzi a questo scenario poco incoraggiante due sono le speranze per non finire risucchiati nella Malebolge del declino e della demagogia: il presidente Draghi (sul Pnrr «confidiamo che serri i tempi e ce la faccia») e la Confindustria stessa come «forza in grado di realizzare una sintesi degli interessi tutti», una Confindustria che deve superare alcune divisioni interne «senza mai piegarsi alle ragioni di questo o quel partito».

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