Ha colpito i nostri nonni. Ma se davvero la pandemia dovesse colpire anche i nostri figli, allora sarebbe il peggiore dei film di fantascienza. Eppure i contagi tra i giovani stanno aumentando. E i casi gravi anche. Tanto che i «veicoli» dell'infezione stanno anche diventando le «vittime». In Toscana il 24% dei casi è tra gli under 20, a Ferrara una ragazzina di 11 anni lotta tra la vita e la morte attaccata a un respiratore, a Treviso una 16enne è grave, a Napoli anche. E così in tutta Italia. Il Cts sta anche ragionando sulla possibilità, sempre più vicina, di chiudere le scuole, non solo nelle zone rosse. «Sulle scuole ci saranno delle evoluzioni» sintetizza il coordinatore del Cts Agostino Miozzo rimandando alle prossime ore una decisione più chiara.
Dalla fine di gennaio l'incidenza nella fascia sotto i 20 anni ha superato, per la prima volta da inizio pandemia, quella delle fasce di popolazione più adulte, e a febbraio è rimasta leggermente più alta. Lo sottolinea un focus sull'età evolutiva prodotto dall'Iss e presentato lo scorso venerdì al Cts. L'incidenza degli ultimi due mesi è stata intorno ai 150 casi per 100mila abitanti. Il valore più alto è registrato tra i 13-19 anni, poco meno di 200 casi ogni 100mila abitanti, mentre nei più piccoli è minore. Il rapporto ha censito anche il numero assoluto dei casi nella fascia di età sotto i 20 anni, che sono stati sopra i 106mila a novembre per poi scendere a circa 61mila sia a dicembre che a gennaio. Questo non significa necessariamente chiudere le scuole, ma rispettare distanziamenti e usare le mascherine sì. Insomma, il Covid per i giovani non è solo asintomatico o leggero ma può diventare qualcosa di più, soprattutto da quando le varianti gli hanno messo l'acceleratore. Lo sa bene l'attore di Massimo Ghini che qualche notte insonne l'ha passata per suo figlio, ricoverato per una polmonite bilaterale a 25 anni, dopo una festa tra amici. Da qui il suo appello agli altri genitori: «Il virus ora non colpisce solo gli anziani ma anche i giovani ed è diventato molto più pericoloso. Tutto è nato da un assembramento. Mio figlio e un gruppo di suoi amici avevano deciso, visto che non ne potevano più, di incontrarsi in una casa e avevano fatto tutti il tampone rapido. Invece non è servito a niente». Un appello arriva anche dagli studenti dell'università La Sapienza di Roma. A lanciarlo ai coetanei è Lucia Lombardo, rappresentate degli studenti nel Consiglio di amministrazione dell'ateneo nel giorno in cui hanno inizio i tamponi sugli studenti. «Troppo spesso vediamo in televisione immagini sconvolgenti di assembramenti dove le norme di sicurezza anti-Covid non sono seguite. Dobbiamo tornare a vivere gli spazi della collettività e a tornare in aula in sicurezza, ma per farlo occorre rispettare oggi più che mai le regole».
Tuttavia è sbagliato dire che la variante inglese colpisca di più i più giovani. «I bambini e i ragazzini - spiega Carlo Federico Perno, responsabile del dipartimento di Microbiologia al Bambin Gesù di Roma - si infettano di più per il semplice fatto che tutti ci infettiamo di più. Non passino messaggi fuorvianti». Anche i medici del King's College hanno pubblicato un articolo sul Lancet per dimostrare come la variante inglese non renda il Covid più pericoloso per i bambini.
Dal canto suo Il Consiglio di Stato chiede una «nuova, urgente, rilevazione specifica dell'impatto dell'uso prolungato delle mascherine» a scuola per i bambini tra i 6 e i 12 anni «restando evidente che l'imposizione non giustificata di un dispositivo su scolari giovanissimi presuppone l'onere per l'autorità emanante di provare scientificamente che l'utilizzo non abbia impatto nocivo».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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