Borsa Usa a livelli record: sfondata la quota 20mila

L'effetto Donald spinge l'indice di Wall Street Soglia abbattuta per la prima volta in 130 anni

Borsa Usa a livelli record: sfondata la quota 20mila

Su il muro con il Messico, giù quello di Wall Street. Nel giorno in cui mette la firma all'ordine per la costruzione della barriera anti-immigrati, Donald Trump dà una picconata al bastione dei 20.000 punti dell'indice Dow Jones e lo fa cadere. Fatto mai accaduto nei 130 anni di storia della Borsa americana, il superamento della soglia psicologica dei 2K ha una valenza ancora maggiore perché è accompagnato dal rialzo di circa l'11% (oltre 1.660 punti) messo a segno dal mercato Usa da quando gli americani hanno consegnato le chiavi della Casa Bianca a un miliardario misogino e dall'acconciatura improbabile. È un rally senza precedenti, un'impresa neppure riuscita a un presidente amatissimo come John Kennedy, nè a chi, tipo Ronald Reagan, aveva promesso di rivoltare come un guanto, nel segno della deregulation più spinta, un'America ubriaca di recessione.

Il «Great!» con cui The Donald ha salutato su Twitter la notizia appare l'ideale suggello alla luna di miele con i mercati, anche se il DJ ha impiegato ben 28 giorni prima di stabilire il record dei record. Inoltre, alcuni squilibri macroscopici saltano all'occhio: i recenti guadagni di Wall Street sono in buona parte riconducibili al settore finanziario, e in particolare alle banche famose per essere state le too big to fail ai tempi della Grande crisi. In generale, dalle presidenziali i titoli finanziari hanno strappato un +25% e Goldman Sachs, la merchant da cui proviene il neo ministro del Tesoro Steven Mnuchin, è salita del 30%. Goldman pesa per il 20% sui rialzi dell'era Trump, mentre il 50% è attribuibile a cinque titoli: oltre a Goldman Sachs, Boeing, United Health, Home Depot e Ibm. Un'eccessiva concentrazione su poche azioni avvenuta nello stesso periodo - altro fenomeno da monitorare - in cui i big di Wall Street sono stati venditori netti di azioni per un controvalore di 100 milioni di dollari.

Insomma, al di là del superamento della soglia dei 20.000 punti, Wall Street non ha firmato cambiali in bianco nei confronti del nuovo inquilino di Pennsylvania Ave. Del resto, quel protezionismo che ora sembra tanto piacere potrebbe rivelarsi un boomerang se all'introduzione di dazi corrisponderanno ritorsioni commerciali da parte dei Paesi colpiti. Il mondo non può permettersi il lusso di una guerra di questo tipo, pena pesantissimi ripercussioni in termini di occupazione. L'Ocse ha infatti stimato che più del 25% dei posti di lavoro a livello globale dipende dalla domanda estera. Con le sue politiche, Trump sta andando a toccare equilibri molto delicati. Christine Lagarde, numero uno del Fondo monetario internazionale, lo ha ricordato qualche giorno fa quando ha sottolineato i rischi di «effetti devastanti» che potrebbero innescarsi da una «corsa al ribasso sul fronte fiscale, del commercio internazionale e della regolamentazione finanziaria». Parole che ieri la Bce ha detto di considerare «assolutamente condivisibili».

E se la reazione di Wall Street ai tre rialzi dei tassi che la Federal

Reserve intende varare nel corso dell'anno è tutta da verificare, l'appuntamento di metà marzo al Congresso sulla delicata discussione al tetto del debito potrebbe presto trasformare l'idillio con Trump in una luna di fiele.

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