Anche la linea Maginot delle banche centrali non regge più di fronte al panico. La mossa d'emergenza con cui la Federal Reserve ha di fatto azzerato i tassi, lanciato un piano di acquisti titoli da 700 miliardi di dollari e disposto un'altra iniezione di liquidità da 500 miliardi, è servita solo, per quanto possa sembrare paradossale, ad aumentare il livello d'allarme sulle ricadute da coronavirus.
Ieri il Dow Jones ha lasciato sul terreno il 12,94%, nella peggior sessione dal lunedì nero del 1987, mentre mai così male era andato il Nasdaq che ha terminato la giornata con un ribasso del 12,32%. Una specie di ceffone rifilato a Donald Trump, «felice» per aver ottenuto da Jerome Powell quanto da mesi pretendeva e convinto che la mossa della Fed avrebbe «elettrizzato molto la Borsa». E ieri il presidente ha dovuto ammettere la gravità del momento: «La pandemia può durare fino ad agosto, siamo a rischio recessione».
Non è servita nemmeno l'azione coordinata della Bce e degli istituti di emissione di Canada, Inghilterra, Giappone e Svizzera volta a ridurre il costo della fornitura di dollari al sistema finanziario in tutto il mondo.
Il nuovo lunedì nero subìto dagli indici rafforza l'idea secondo la quale gli investitori hanno perso fiducia nella capacità taumaturgica degli strumenti di politica monetaria, siano essi ortodossi o non convenzionali. Ecco perché nell'Eurogruppo di ieri, svoltosi in teleconferenza, sembra si sia affacciata l'ipotesi fra i ministri delle Finanze di attivare il fondo salva-Stati Mes, la cui potenza di fuoco ammonta a 500 miliardi. La posizione ufficiale l'ha riassunta in serata il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri: sul Mes c'è stato «un rapidissimo aggiornamento sui punti tecnici ancora aperti ma non c'è stata la conclusione inizialmente prevista». Nel suo impianto originale, il Mes prevede il rispetto di precisi vincoli di bilancio e l'impegno a portare a termine riforme strutturali in cambio dei fondi. Il timore, già sollevato nei giorni scorsi da alcuni esponenti del centro-destra, è che l'Italia possa ritrovarsi commissariata. Quanto all'impatto del coronavirus «porterà in negativo il Pil di tutta la zona euro», ha detto Gualtieri. Nella devastazione generale, con Piazza Affari che ha gettato altri 28 miliardi di euro di capitalizzazione nel rogo ribassista dopo una seduta folle per volatilità (da un picco negativo di -l0% fino a un recupero a -3,3% nel pomeriggio prima della chiusura in calo del 6%), con i listini europei boccheggianti bruciano 255 miliardi (-4,8% lo Stoxx600) neppure la scialuppa di salvataggio da 1.000 miliardi di dollari lanciata dal Fmi è servita a ridare un po' di respiro. Nè il successivo annuncio del G-7, pronto a «far tutto quello che serve per proteggere l'economia». Con lo sguardo rivolto alle nostre macerie, il vicepresidente di Forza Italia, Antonio Tajani, ha suggerito al governo di «usare il golden power per bloccare operazioni ostili», in modo da difendere gli asset strategici industriali e finanziari del nostro Paese. «Le Borse crollano e c'è chi potrebbe tentare operazioni di acquisto di aziende di interesse nazionale», ha ammonito Tajani.
La condizione di pandemia è una spia rossa sempre accesa per i mercati. Soffre perfino l'oro, sceso sotto i 1.500 dollari l'oncia. Come se non ci fossero porti sicuri, o un appiglio a cui aggrapparsi. Il pessimismo trova sponda nelle stime sempre più agghiaccianti in circolazione. Come quella uscita ieri dalle stanze di Goldman Sachs: il Pil Usa fletterà del 5% nel secondo trimestre dopo la crescita piatta del primo. Il potere distruttivo del coronavirus comincia del resto a manifestarsi proprio lì dove è germogliato, in Cina.
Al netto della possibile opera di imbellettamento da parte del governo, gli ultimi dati restano comunque da bollettino di guerra: cinque milioni di persone hanno perso il lavoro, con il tasso di disoccupazione balzato in febbraio al 6,2%, il più alto mai registrato; tra gennaio e febbraio le vendite al dettaglio sono crollate del 20,5% su base annua, e la produzione industriale è diminuita del 13,5%. Il rischio è che, presto, questi numeri siano gli stessi anche nel resto del mondo.
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