"Boschi chiese a Unicredit di comprare Etruria". Ed è bufera: si dimetta

Nel libro di de Bortoli l'incontro con Ghizzoni mentre il papà era vice. Lei smentisce e querela

"Boschi chiese a Unicredit di comprare Etruria". Ed è bufera: si dimetta

Lo spettro di Banca Etruria non è mai svanito e piomba di nuovo sui renziani. Ora l'urlo delle «dimissioni subito» contro Maria Elena Boschi viene strillato da tutte le forze di opposizione (tranne Forza Italia).

Stavolta, le cose si mettono male per il Giglio magico. L'affare si ingrossa e le indiscrezioni si rafforzano. Si sa, le bugie, prima o dopo, vengono sempre a galla, ma la Boschi ne ha raccontate talmente tante (istruita a dovere dal suo mentore), che diventa difficile smascherarle tutte. Una però scoperchia il vaso di Pandora renziano. L'allora ministra delle Riforme, e attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ha sempre negato di essersi interessata alle vicende della banca aretina, eppure nel 2015, proprio quando suo padre Pier Luigi ricopriva la carica di vicepresidente, incontrando più volte Flavio Carboni per avere consigli su chi mettere alla direzione generale dell'istituto, «non ebbe problemi a rivolgersi all'ad di Unicredit. Maria Elena Boschi chiese a Federico Ghizzoni di valutare una possibile acquisizione di Banca Etruria». Boom. A rivelarlo, a pagina 209 del suo nuovo libro in uscita, Poteri forti (o quasi) l'ex direttore (silurato) del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli. «La domanda era inusuale da parte di un membro del governo all'amministratore delegato di una banca quotata - continua de Bortoli che da tempo annusa il puzzo di massoneria negli ambienti del Giglio magico - Ghizzoni, comunque, incaricò un suo collaboratore di fare le opportune valutazioni patrimoniali, poi decise di lasciar perdere. L'industriale delle scarpe Rossano Soldini mi ha raccontato di aver avuto molti sospetti sul ruolo della massoneria locale nella gestione dell'istituto». Per questo l'ex direttore cita anche il grande massone della banca di Arezzo, a capo della Popolare per 30 anni, Elio Faralli «costretto a lasciare il timone a Giuseppe Fornasari. Non sarebbe il caso di chiedersi se anche legami massonici o di altra natura non trasparente siano stati all'origine della concessione di troppi crediti facili e della distruzione di molti piccoli risparmi?».

Cose risapute, più o meno. Ma ora a scriverle è un ex direttore del Corrierone. E i palazzi tremano. Ma non lei, sprezzante delle accuse, verga su Facebook: «Ennesima campagna di fango. Non ho mai chiesto all'ex ad di Unicredit, Ghizzoni, né ad altri, di acquistare Banca Etruria. Ho incontrato Ghizzoni ma non ho mai avanzato una richiesta di questo genere. Sfido chiunque e ovunque a dimostrare il contrario». E minaccia querele. As usual. Beh, prove registrate non ce ne sono, ma voci tante. Unicredit non commenta ma fonti vicine all'istituto fanno sapere che «non risultano pressioni politiche per l'esame di dossier bancari, compreso quello in questione». E il Pd, naturalmente, fa quadrato attorno alla potentissima Madonna di Laterina: «Attacco vergognoso e strumentale». Delrio e Guerini parlano all'unisono di «speculazione». Ma c'è poco da scherzare. Il M5s si gasa sul blog di Grillo («La misura è colma») e valuta azioni sul fronte giudiziario. Luigi Di Maio: «Fermiamo Renzopoli, infetta le istituzioni». Giorgia Meloni di Fdi ricorda che la Boschi «avrebbe dovuto dimettersi molte volte in questi mesi». E promuove una mozione di sfiducia contro tutto il governo. Per Salvini si dovrebbe dimettere tra tre secondi per rispetto dei cittadini truffati».

Alternativa Libera e Sinistra Italiana-Possibile vogliono che «chiarisca in Parlamento» ma per il fuoriuscito Roberto Speranza di Mpd «la Boschi non può cavarsela con una dichiarazione, se non fa chiarezza si dimetta». E mò, sono cavoli amari.

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