"Il Pd è guarito". "Nessuna malattia". Lite D'Alema-Letta

Il segretario del Pd prende le distanze dall'ex premier pronto a tornare al Nazareno

"Il Pd è guarito". "Nessuna malattia". Lite D'Alema-Letta

Il brindisi di fine anno di Massimo D’Alema spacca il Pd in ottica Quirinale. Se il ritorno dell’ex presidente del Consiglio poteva apparire come una riappacificazione in casa democratica, bastano poche ore del nuovo anno per far riapparire quella torre di Babele e quelle diversità presenti all’interno del Nazareno, che neanche il segretario Enrico Letta, nei fatti è riuscito mai a far scomparire, in modo particolare la frattura sempre aperta tra renziani e militanti storici.

La goccia che fa traboccare il vaso sono le parole del primo e unico esponente del Partito Comunista a diventare premier, durante un evento online, in cui non solo parla di ricomposizione e ricostruzione, dando anche una scadenza per il ritorno di Articolo Uno alla vecchia casa, ovvero le Agorà democratiche volute da Letta, ma allo stesso tempo definisce il renzismo come una malattia fortunatamente guarita da sola. Tale dichiarazione, però, non lascia indifferente nessuno.

Non ci stanno sia gli attuali che gli ex simpatizzanti del giglio fiorentino. Tra i primi a scrivere su Twitter è il deputato Filippo Sensi: “Trovo offensivo e sbagliato definire gli avversari politici come malattie”. Non manca ad arrivare subito la replica dello stesso Renzi, che nei fatti sancisce una spaccatura insanabile in vista dei giochi al Quirinale con la sinistra. “Se i dem di oggi pensano che il renzismo sia la malattia e D’Alema la cura sono contento per loro e faccio molti fervidi auguri. E’ il motivo per cui non sono più nel Pd: io credo nel riformismo, loro nel dalemismo”.

La vera bomba in casa democratica, comunque, sono le parole del leader della corrente denominata Base Riformista, che raccoglie gli ex renziani, Andrea Marcucci: “D’Alema rientra nel Pd e parla di malattie? Lui è un esperto, avendone vissute e provocate molte fin dai tempi del Pci-Pds”. L’ex capogruppo addirittura accenna di condizioni per un congresso costituente, che si dovrebbe tenere dopo l’elezione del Capo dello Stato, pur nei fatti con gli animi già accesi. “Allargare il perimetro a una nuova classe dirigente moderata e riformista e impedire ritorni al passato – sottolinea. Sono tutti obiettivi che un grande partito può e deve darsi”. Quasi in contemporanea sono diverse le note e gli annunci via social di parlamentari che non si ritrovano con le parole di D’Alema. Addirittura il senatore del Pd Alessandro Alfieri parla di “parole che guardano al passato” e soprattutto di “rancori mai sopiti” portando fuori quanto Letta nei fatti ha cercato di coprire col tappeto. Lo stesso Dario Perrini, presidente della commissione Affari Costituzioni rifà spuntare il termine “rancori divisivi”.

La profonda irritazione, come viene diffuso in una nota, pertanto, regna tra le stanze del Nazareno e costringe il segretario Enrico Letta, tempestato da telefonate a intervenire e nei fatti prendere le distanze da D’Alema: “Il Pd da quando è nato – scrive su Twitter - 14 anni fa, è l’unica grande casa dei democratici e progressisti italiani. Sono orgoglioso di esserne il segretario pro tempore e di portare avanti questa storia nell’interesse dell’Italia. Nessuna malattia e quindi nessuna guarigione. Solo passione e impegno”.

Una scure, quindi, non solo per il Pd, ma per l’intero centrosinistra. Neanche lo stesso Articolo 1 è completamente compatto sulla linea di D’Alema. Il dirigente Arturo Scotto ribadisce come solo il congresso di primavera riuscirà a stabilire se l’esperienza di Articolo 1 dovrà confluire all’interno del Pd.

La repentinità con cui Letta è costretto a spegnere il fuoco in ottica Quirinale,

pertanto, non lascia intravedere nulla di buono. Non si esclude una vendetta dai dalemiani o una nuova linea renziana che nei fatti potrebbe far uscire indicazioni diverse da quelle provenienti dalla segreteria nazionale.

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