Dopo aver coperto le statue dei Musei Capitolini, Matteo Renzi nasconde lo scandalo di Banca Etruria che ha messo sul lastrico di famiglia. Mette un burqa sulla chiacchieratissima Maria Elena Boschi e sulle loro famiglie che con le magagne dell'istituto aretino hanno troppo a che fare. "Non c'è alcun conflitto di interessi in questa vicenda - assicura il premier - ma solo il tentativo di aver salvato un milione di correntisti, settemila stipendi". E, nel corso della discussione al Senato sulle mozioni di sfiducia contro il governo presentata da Forza Italia, Lega Nord e Cinque Stelle, si erge addirittura a salvatore del Paese: "Se volete mandarci a casa per questo, fatelo. Noi non avremmo mai distrutto pezzi di economia per fare una battaglia politica contro il governo. Prima delle vostre beghe di partito c'è l'interesse dell'Italia e dovreste ricordarlo".
"Se volete mandare a casa il governo perché ha fatto il decreto sulle popolari fatelo pure. Siamo orgogliosi di aver fatto una riforma che da venticinque anni il Parlamento avrebbe dovuto fare". Renzi non entra nello specifico. Non una parola sulle accuse mosse dalla stessa Banca d'Italia a Pier Luigi Boschi (papà di Maria Elena) o sull'incarico di controllo affidato a Emanuele Boschi (fratello di Maria Elena) o alle consulenze con lo studio di Francesco Bonifazi (tesoriere del Pd e, soprattutto, ex fidanzato di Maria Elena). "Nessun conflitto di interessi", dice. Eppure sorvola dei rapporti del procuratore di Arezzo Lorenzo Rossi, titolare della pratica Etruria, con la famiglia Boschi, Maria Elena inclusa. "Nessun conflitto d'interesse", ribadisce. Nella discussione al Senato non c'è spazio nemmeno per entrare nello specifico della formulazione del decreto "salva banche" e di quei concitati Consigli dei ministri che hanno portato al salvataggio di quattro banche fallite e, soprattutto, a cancellare la possibilità di procedere legalmente contro i vertici degli istituti. "Tenetevi le vostre polemiche, aggrappatevi al fango - tuona contro le opposizioni - noi pensiamo all'Italia e la lasceremo meglio di come l'abbiamo trovata".
Per Renzi è sempre la solita dialettica tra il governo che fa e i gufi. E corre a rimettersi nelle mani della magistratura. Che con lui è sempre stata sempre benevola, almeno fino a oggi. "In questo Paese - dice il premier - chi sbaglia paga, ma lo decidono i giudici, non voi. E dopo i tre gradi di giudizio". Peccato che per salvare il papà della Boschi gli è bastato aggiungere tre paroline all'articolo 72 del Testo unico bancario. È successo nel Consiglio dei ministri del 10 settembre quando a parlare dei guai delle banche italiane era presente, in clamoroso conflitto di interessi, anche il ministro per le Riforme. Nella "nuova" legge è così spuntata la dicitura del creditore sociale. Tanto è bastato a rendere i creditori impotenti. Per rivalersi sulla fallimentare Banca Etruria dovranno aspettare l'intervento di un commissario straordinario indicato dalla Banca d'Italia e nominato formalmente con un atto del Tesoro (quindi del governo).
Eppure, rispondendo alle opposizioni, Renzi ha assicurato: "Questo è il governo che ha commissariato Banca Etruria senza alcun riguardo per i nomi e i cognomi del cda. Per noi non ci sono amici e 'amici degli amici'".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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