Caffè al banco, la rivolta dei baristi

Gli esercenti: "Consumo vietato, danno grave". Il Viminale: "Servizio solo se all'aperto"

Caffè al banco, la rivolta dei baristi

Dopo i ristoratori, gli operatori dello spettacolo e quelli del turismo, adesso è il turno dei baristi. A poche ore dalle tanto attese riaperture anche loro sono sul piede di guerra. Il dito è puntato contro il nuovo decreto che, in zona gialla, favorisce soltanto i locali che abbiano spazi all'aperto. Non solo la consumazione al tavolo è consentita soltanto all'aperto ma anche il caffè potrà essere consumato al bancone soltanto se en plein air. Una circostanza, quest'ultima, chiarita dopo ore di dubbi sulla circolare del ministero dell'Interno, che aveva messo le mani avanti parlando di documento non definitivo. Ma con le aperture al pubblico imminenti, questa ulteriore confusione ha contribuito ad alimentare il panico e la rabbia fra gli addetti al settore.

«È inaccettabile che nel decreto Riaperture non sia prevista la consumazione al banco per le attività di ristorazione artigiana, così come per i bar - spiega Andrea Rotondo, presidente di Confartigianato Roma-. C'è stata e resta una mancanza di chiarezza in materia, affidata solo a una precisazione di una circolare del Gabinetto del ministero dell'Interno, ma soprattutto l'ulteriore danno arrecato all'intero settore, che per il mese di maggio ammonterà solo su Roma a 13 milioni di euro». Prosegue il rappresentante della categoria: «Sfugge il motivo per cui il ritorno in zona gialla non preveda il ritorno alle norme precedentemente previste per tale colorazione, con la possibilità di consumo al bancone e sul posto, nel pieno rispetto delle norme di sicurezza sanitaria alle quali le imprese si sono diligentemente adeguate e hanno investito da tempo».

I baristi, già penalizzati dall'impossibilità di paure in mancanza di uno spazio aperto, si sentono ancora di più messi in difficoltà da una regola che di fatto inibisce parte del loro lavoro. Anche perché il divieto di consumare al banco impedirà a chiunque non abbia un dehors di servire i propri clienti. C'è un aperto in particolare che i baristi non accettano: le precedenti norme sulla zona gialla consentivano la consumazione al banco. Il nuovo decreto si profila quindi come una regressione. «Siamo di fronte a un giallo mascherato di arancione, un passo indietro rispetto a marzo quando in zona gialla era possibile consumare al banco», sottolinea Claudio Pica, presidente di Fiepet-Confesercenti Roma e Lazio. Di qui la proposta: «Chiedo agli esercenti che non venga applicato il pagamento del servizio al tavolo come segno di protesta civile nei confronti di una norma che ci penalizza». Il decreto riaperture ha «un nome fuorviante, visto che il provvedimento, per i bar, si traduce in realtà in un inasprimento delle restrizioni».

Di fatto, da oggi, per le imprese senza posti all'esterno si profila una sorta di zona arancione, con l'impossibilità di far entrare i clienti anche solo per consumare al banco. Insomma, a poche ore dall'entrata in vigore del nuovo decreto a dominare sono tensione e pessimismo, anche in vista dell'imminente stagione turistica. «Ci sentiamo presi in giro - conclude Pica -. Ci era stato detto che si riapriva prima, ma la realtà è ben diversa. E se prima per i bar si profilava, dopo il 30 aprile, la possibilità di tornare a lavorare almeno in zona gialla, permettendo ai clienti di consumare all'interno dei locali, ora con il decreto riaperture, paradossalmente, si resterà chiusi un altro mese.

E non ci si illuda che il permesso di utilizzare gli spazi esterni anche a cena cambi le cose: poco più di 100mila imprese - su oltre 360mila della somministrazione - dispongono di un dehor, la cui capienza è comunque limitata e ulteriormente ridotta dal tetto massimo di quattro persone per tavolo».

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