Ci sono giornate in cui i numeri del bollettino diffuso dal ministero della Salute hanno più peso che in altre. Ieri è stata una di quelle giornate. Dopo il lunedì nero in cui abbiamo sfiorato quota 850 morti, ci si aspettava il peggio. Invece fortunatamente la curva non ha continuato a salire. I decessi sono stati 680.
E va bene che ormai, dopo dieci mesi di pandemia, non ci fa più effetto sentire numeri di questa portata, ma la cifra è alta. Troppo per non inasprire le misure di contenimento del virus. Troppo se si considera che non risente ancora dei bagni di folla nelle vie dello shopping degli scorsi week end.
Sale il numero dei contagi registrati: sono 17.572 nuovi su 199.489 ma il rapporto positivi-tamponi scende all'8,8%. Ieri, a fronte di 164.431 tamponi, i nuovi casi erano 14.844. Calano le terapie intensive (-77) e i ricoveri nei reparti Covid (-445). In aumento i dimessi/guariti odierni che sono 34.495.
A livello territoriale, le regioni con il maggior numero di contagi sono il Veneto (3.817), la Lombardia (2.994), l'Emilia Romagna (1.238), il Lazio (1.220) e il Piemonte (1.215).
Tuttavia in Lombardia continuano a diminuire i ricoverati in terapia intensiva (-27) e negli altri reparti ospedalieri (-50), mentre i decessi sono 106. La provincia di Milano torna a essere quella maggiormente colpita dal Covid, con 737 positivi, di cui 293 a Milano città. Ieri davanti a Milano si posizionava Varese che oggi conta 228 casi.
Come leggere questi numeri? Come la conferma che non si può abbassare la guardia nemmeno un po'. Insomma, a parte le feste di Natale blindate, dobbiamo rassegnarci alla terza ondata, ormai data per certa dai virologi, tanto che si comincia a ipotizzare rischio di chiusura prolungata per le scuole superiori anche dopo il 7 gennaio.
«La terza ondata - conferma Andrea Pregliasco, virologo dell'università Statale di Milano - è di fatto inevitabile ma dipenderà da noi l'altezza, perchè purtroppo il virus continua a fare il suo sporco mestiere, cerca e trova soggetti suscettibili. Sta a noi regolare quei rubinetti per mantenere il più possibile lenta la velocità di diffusione del virus in attesa del vaccino». Il timore è che si arrivi a 20-30mila casi al giorno. Ancora.
In attesa di una decisione ufficiale del governo, il Veneto gioca d'anticipo e chiede la zona rossa fino al 7 gennaio. «Servono restrizioni massime fino all'Epifania - spiega il governatore Luca Zaia - Se non ci pensa il governo le faremo noi».
Molti ospedali veneti tornano a utilizzare la parola che ci si era imposti di non usare più: collasso. Tant'è. «Abbiamo più ricoveri che a marzo e aprile» sostengono i medici. E in qualche modo l'ondata va fermata per non ripetere le scene apocalittiche della scorsa primavera che nessuno ha proprio pi voglia di vedere.
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