Calpestata la legge 194. Il governo delle ideologie rende più facile abortire

Sì alla pillola senza ricovero in ospedale. Ira di esperti e cattolici: nessuno pensa alle donne

Il ministro della Salute, Roberto Speranza
Il ministro della Salute, Roberto Speranza

Il governo calpesta la legge 194, lascia le donne a decidere da sole se abortire o meno e mette la loro salute a rischio. Il giorno dopo la decisione del ministro della Salute Roberto Speranza di aprire alla pillola abortiva Ru486 «a domicilio» e fino a 9 settimane dal concepimento e senza alcun controllo medico la sinistra esulta, da Leu a Pd e M5s: «Passo avanti, scelta di civiltà che ci allinea all'Europa, conquista fondamentale».

Il mantra è che così l'interruzione della gravidanza sarà «indolore, semplice e sicura». «Tre aggettivi falsi», commenta al Giornale il ginecologo Giuseppe Noia, ginecologo e docente di Medicina prenatale al Policlinico Gemelli di Roma: «La Ru486 genera una serie di contrazioni dolorosissime. A sette-nove settimane la placenta è ancora più coesa con l'utero, e quindi l'entità emorragica è maggiore. Il figlio è formato in maniera incredibile, anche nei suoi movimenti», perché ha il sistema nervoso, un peso importante, ha occhi, orecchie, gambe, braccia e bocca, dita di mani e piedi visibili». Secondo il British medical journal nel 56% dei casi il feto è espulso con tutto il sacco embrionale. «Tra l'altro per l'espulsione possono volerci anche settimane, e può succedere quando meno ce lo si aspetta».

Quando dieci anni fa la Ru486 venne introdotta in Italia fu Repubblica a scrivere: «Non è un farmaco da utilizzare a casa, lontano dal controllo medico». «Se la donna viene operata non vede nulla. In questo caso l'evento abortivo avviene sotto i suoi occhi, aggravando non solo il dolore ma anche minando per sempre la sua sicurezza psicologica - dice ancora Noia - e c'è un dato non sconfessato, quello delle morti da aborto farmacologico: l'aborto chirurgico è 10 volte meno pericoloso». In effetti si parla di almeno 40 casi in Europa. «La mia contrarietà alla pillola non arriva da una posizione confessionale, ma scientifica. E poi - chiarisce il ginecologo - abbiamo strappato l'aborto volontario dalla clandestinità e adesso lo clandestinizziamo di nuovo in nome della legge?». «Del bene delle donne non importa a nessuno, è solo una battaglia ideologica e avaloriale», dice al Giornale Toni Brandi di Pro vita e Famiglia.

«La verità è che la 194 non ha mai funzionato. Non verifica la fondatezza dei motivi economici, sociali e familiari, non c'è mai stata una attività di prevenzione, non si è neanche mai provato a fare interventi economici per aiutare la donna a capire, e il fatto che il medico obiettore sia stato escluso dalla fase preliminare non aiuta», commenta al Giornale Alfredo Mantovano, ex parlamentare di An e vicepresidente del centro studi Rosario Livatino. «E qual è il paradosso? Che la Ru486 formalmente si oppone alla 194 ma nei fatti conduce alle estreme conseguenze la banalizzazione dell'aborto. Dove il centro non è certo la salute della donna, visto che la pillola può fare dei danni e in qualche caso provocare la morte, il centro è la volontà di abortire», sottolinea Mantovano.

Siamo sicuri che è questo quello che le donne vogliono? Assistere alla vita del proprio figlio che se ne va in una pozza di sangue? Senza «dignità, riservatezza e sicurezza»? Il vero spirito della legge 194 che «riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio» non è dare alle donne il diritto di abortire ma lasciar loro la libertà di compiere una scelta drammatica purché consapevole.

La sinistra negozia qualche consenso giocando con la vita di una donna e del suo bambino ma la Consulta ha chiarito più volte che l'aborto si gioca sul delicatissimo equilibrio tra il diritto alla vita del figlio e quello alla salute fisica e psichica della madre. Non della volontà, né tantomeno sulla base di un diritto.

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