Nemmeno otto mesi di governo e già i nodi vengono al pettine. Non solo per quanto riguarda le due anime dell'esecutivo - quella pentastellata e quella leghista -, così diverse ma capaci di catalizzare la maggioranza dei consenti. Ma anche all'interno del Movimento 5 Stelle stesso, formato da una pluralità di voci non sempre armoniche tra di loro.
Già il tema dell'immigrazione aveva portato a galla i malumori e i mal di pancia soprattutto nell'ala cosiddetta ortodossa, quella più vicina alla sinistra che fa capo al presidente della Camera, Roberto Fico. Una spaccatura resa evidente nel momento in cui il Senato è stato chiamato a votare il decreto Sicurezza. Allora furono cinque i "dissidenti" a non esprimersi a favore del governo. Di questi solo due sono stati puniti con l'espulsione, mentre uno di loro è stato graziato e Paola Nugnes e Elena Fattori restano in attesa di giudizio. E proprio la Nugnes oggi torna all'attacco con un appello a Conte e Mattarella perché diano accoglienza ai 49 migranti soccorsi dalla ong Sea Watch da settimane in mare. "Una situazione che si è protratta oramai miserevolmente da fin troppo tempo", dice la senatrice pentastellate, "Bracci di ferro e rappresentazioni di forza sulla povera gente non sono tollerabili".
E pure riguardo all'endorsement lanciato da Luigi Di Maio ai gilet gialli - che pure in qualche modo inneggiano a una democrazia dal basso proprio come il M5S - c'è chi non è d'accordo. "Noi siamo un'altra cosa", insorge Elena Fattori in un'intervista al Corriere, "Noi siamo stati e siamo francescani, quelli lì invece sono dei violenti… La nostra è stata una rivoluzione gentile. Io sono iscritta al M5S dal 2009. Ricordo come fosse ieri le battaglie per la raccolta differenziata. Ricordo la raccolta delle firme per il referendum sull'acqua pubblica. Eravamo propositivi: all'epoca non ci sarebbe mai frullato nella testa di andare a sfondare l'ingresso di un ministero, oppure di lanciare petardi, lacrimogeni. Ecco, sono sotto gli occhi di tutti le differenze". La senatrice pentastellata critica Di Maio anche per aver cambiato atteggiamento da quando è al governo. "Noi ci siamo sempre detti: mai prendere posizioni su quanto succede all'estero", spiega, "Infatti, quando venne eletto Emmanuel Macron criticammo aspramente Renzi che fece un endorsement sul presidente francese. Perché abbiamo cambiato idea anche su questo sano principio? Dovremmo essere spettatori silenti e invece...".
Ma non è finita qui. Ora è arrivata la retromarcia sulle banche, con il governo più "antibanche" mai esistito pronto a mettere in atto un piano per salvare Carige dal fallimento. Una contraddizione duramente contestata dal Partito democratico. Ma pure da Elio Lannutti. "Non si possono dare aiuti pubblici senza accertare le responsabilità della Banca d'Italia", spiega il senatore grillino all'Adnkronos, "Presto pubblicherò un documento del 2014. Questa è una storia che viene da lontano e le responsabilità sono di Bankitalia. Tutti quelli che sono stati nominati sono fiduciari di Bankitalia".
Caustico invece Gianluigi Paragone: "Sono incazzato!", dice il senatore 5S in un video su Facebook, "Dobbiamo dimostrare di essere forti, di essere il governo del cambiamento e di essere vicini alla gente! Vogliamo essere con i gilet gialli? Bene. Allora iniziamo a domandare a Bankitalia perché non controlla mai...
Questo caso di Carige non può finire come tutti i casi tratti dai governi precedenti, con una soluzione che è abbastanza simile a quella dei governi precedenti... È mai possibile che nessuno all'interno del governo del cambiamento stia chiedendo a Bankitalia di rendere conto delle proprie responsabilità? Vogliamo farla questa benedetta commissione d'inchiesta?".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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