Dazi, cautela di Meloni: dialogo con gli Usa

La premier al Consiglio Ue tiene defilata l'Italia nello scontro con Trump sui dazi

Dazi, cautela di Meloni: dialogo con gli Usa
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Giorgia Meloni si presenta al Consiglio europeo informale di Bruxelles indossando le vesti del pontiere. Gli occhi dei leader continentali sono puntati su di lei. La premier italiana può contare sulla «special relationship» annunciata con la nuova amministrazione statunitense e su uno standing da leader forte e rispettato oltreoceano. Una condizione che fa sì che l'Italia possa essere un buon ambasciatore delle ragioni europee, oltre magari favorire un dialogo diretto tra Donald Trump e Ursula von der Leyen.

Argomento del summit è la politica di difesa dell'Ue, ma inevitabilmente il pericolo di una guerra commerciale a colpi di dazi finisce al centro dell'attenzione del dibattito. Poche ore prima del vertice il primo ministro canadese Justin Trudeau ha chiamato il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa per informarlo della reazione canadese alla decisione del presidente americano Donald Trump di imporre dazi del 25% ai danni di Canada e Messico.

Entrambi hanno «sottolineato l'importanza delle relazioni bilaterali Ue-Canada e hanno confermato la loro determinazione a continuare a lavorare insieme in tutti gli aspetti della cooperazione». «Ci stiamo preparando» a rispondere a eventuali dazi, assicura Kaja Kallas, Alta rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza che però avverte: «Non ci sono vincitori con i dazi».

L'Ue non vuole farsi trovare impreparata e inizia a ragionare sulle possibili contromosse. Valuta così un pacchetto di ritorsioni che potrebbero colpire l'agroalimentare, i liquori, le motociclette Harley Davidson e l'industria automobilistica statunitense. L'Italia non si nasconde. Ma questo non significa che non sia necessario trattare piuttosto che affrontare uno scontro insensato.

Un appeasement, ad esempio, potrebbe passare dall'acquisto di una quota maggiore di gas naturale statunitense e una spesa in ambito Nato che vada oltre il 2% del Pil. Nel 2024 in Europa è arrivato il 55% delle esportazioni totali di gas americano. Per la difesa c'è un gruppo di sette paesi al di sotto del 2%: Croazia, Portogallo, Italia (al di sotto dell'1,5%), Belgio, Lussemburgo, Slovenia e Spagna. Trump in realtà vorrebbe addirittura il 5%, in Europa si cerca di limitare l'aumento al 3%.

Giorgia Meloni a Bruxelles sceglie il basso profilo. Non fa dichiarazioni entrando al vertice, evita di esporsi e gioca di fioretto piuttosto che di spada. Chiede un «approccio pragmatico» e di valutare Trump sui fatti piuttosto che sulle dichiarazioni. Insomma, non è tempo di far trapelare annunci di rappresaglia, quando ancora non esiste ufficialmente il motivo del contendere. Una linea, insomma, lontana da quella barricadera di Emmanuel Macron e più affine a quella del cancelliere tedesco Olaf Scholz, per il quale «possiamo rispondere alle politiche doganali con politiche doganali. Lo dobbiamo fare e lo faremo. Ma l'obiettivo dovrebbe essere di procedere in modo tale da ottenere una cooperazione».

Certo a Palazzo Chigi sanno bene che l'aumento delle spese militari non sarebbe un passaggio indolore per il nostro paese. Ma l'Italia non si tira indietro. E la nostra premier rilancia l'idea di finanziare l'aumento della spesa con obbligazioni europee escluse dal nuovo patto di stabilità europeo.

Giorgia Meloni, insomma, non ha alcuna intenzione di muoversi su un binario diverso da quello dell'Unione o di rompere l'armonia continentale. Ma la sua convinzione è che sia necessario fare quanto necessario per disinnescare la guerra commerciale, perché farebbe del male a entrambe le sponde dell'Atlantico.

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