Prosegue la rincorsa del centrodestra all’unità e al Pd di Matteo Renzi. Silvio Berlusconi, non da oggi, spinge per riallacciare i rapporti all’interno della coalizione e con Matteo Salvini, non solo in tema di Flat Tax, ha trovato il giusto interlocutore. Più freddi i rapporti con il Nuovo Centrodestra e Fratelli d’Italia, ma la risposta del centrodestra al totalizzante Partito Democratico deve essere univoca se vuole essere vincente. IlGiornale.it ha chiesto a sette sondaggisti se un ulivo di destra può competere con il centrosinistra dei dem. La risposta è sì.
Alessandro Amadori (Coesis Research), spiega come l’insieme sia più grosso delle singole parti che lo compongono. I numeri, a destra, sono questi: “Il primo partito, adesso, è la Lega con il 14%, mentre Forza Italia è al 13%. Ncd e Fdi sono entrambi sul 3%”. Considerando anche altre piccole formazioni (“sull’1%”) si arriva al 34%. Ma la dimensione elettorale del centrodestra può essere superiore: “Se nascesse un progetto federativo – con un leader come Salvini e un mentore come Berlusconi – questo varrebbe numericamente più della somma dei singoli partiti: potremmo pensare a un centrodestra capace di raccogliere il 40%”. Al momento è solo un’ipotesi e il se – come ripete Amadori – da tenere ben a mente. Ma così fosse “il Pd, ora al 38%, sarebbe messo in grande difficoltà e non avrebbe più la certezza matematica di vincere, soprattutto se corre da solo. La vocazione maggioritaria è utopistica”.
Un po’ più prudente Nicola Piepoli (Istituto Piepoli), che ci parla di un centrodestra al 32%, confermandoci il sorpasso del Carroccio sugli azzurri (14% contro il 12%), ma prospettando “un netto incremento” in caso ci fosse una collaborazione reciproca tra gli agenti dello schieramento in fase di costruzione. Il traino della Lega Nord – “che è uscita dalla nicchia delle tre grandi regioni del Nord, legittimandosi a livello nazionale” – potrebbe dunque essere determinante per un centrodestra che, come ricorda il sondaggista, “è sempre stato maggioritario in Italia”.
“Il centrodestra non parte affatto sconfitto in partenza” racconta Alessandro Chiaramonte (Centro Italiano Studi Elettorali). “Forza Italia è sul 15%, mentre la Lega sul 14%. Ncd e Udc, insieme, fanno il 3-4%, con Fratelli d’Italia un poco più basso. La somma totale delle compagini supera il 35%. Al momento il Pd è sul 39%”.
La vera sfida per un centrodestra “assolutamente competitivo” è quella di andare ad ad attingere alla fonte dell’astensionismo. Carlo Buttaroni (Tecnè Italia) sostiene che i voti della destra siano congelati nel bacino di chi non è andato a votare. Si tratta di “un serbatoio di voti in continuo ingrossamento” che al momento sta togliendo benzina ai competitor di Matteo Renzi. “In un sistema tendenzialmente bipolare è venuto meno un polo: per questo il Pd ha ottenuto queste alte percentuali di consenso. “Se andiamo a vedere i dati delle passate consultazioni, un’alta partecipazione è coincisa con un centrodestra molto forte” aggiunge Buttaroni, che poi fa la panoramica dei rapporti di forza attuali: “I dem rimangono al comando con il 36-38%, mentre Forza Italia la diamo tra il 14-16%. Le Lega Nord è in crescita (10-12%), mentre Fratelli d’Italia è sul 3-4% e Ncd oscilla tra il 2 e il 4%. A far la somma le due coalizioni di equivalgono: il vero ago della bilancia è capire su che piatto si poseranno i voti di chi non rivela la propria intenzione e di chi, alle ultime tornate, non si è recato al seggio.
Arnaldo Ferrari Nasi (Ferrari Nasi & Associati) è meno ottimista sulla competitività del centrodestra rispetto al centrosinistra: “Al momento non ci sono le condizioni per insidiare il Pd. In questi casi la matematica è relativa: il totale non è uguale la somma degli addenti. Le alleanze danno frutti quando la situazione storica funziona, se è invece contraria – come secondo me è in questo momento – allora i risultati non arrivano”. Un problema, nell’ottica di mettere in piedi una confederazione, è proprio il Nuovo Centrodestra, che sta governando con Renzi: “Ncd è un elemento divisivo”. E gli ultimi risultati alle Regionali non incoraggiano, anche se è da considerare l’altissima astensione: “Salvini in Emilia-Romagna ha preso 30 punti dalla sinistra. Di questi tempi non vedo possibilità di vera concorrenza”. Ma ci sono due fattori che potrebbero invertire la rotta: il primo è il tempo, il secondo Silvio Berlusconi: “Un suo colpo di reni potrebbe far recuperare qualcosa, ma comunque non a sufficienza. In Primavera 2015 non vedo vere chances, mentre più si va in là più aumentano”.
Sulla stessa linea Roberto Weber (Ixé) e Renato Mannheimer. Il presidente Ixé dice: “Se sommiamo i partiti non si va oltre il 32%, che è un dato comunque in crescita. Non credo onestamente nell’ipotesi di una soluzione unitaria, che incrementerebbe sì la dimensione elettorale, ma non di tanto”. Il motivo? “Renzi ha occupato quell’area che prima era di Monti e che fu di Berlusconi: il baricentro del Pd si è spostato verso il centro e ciò gli permette di essere forte. Le cose possono cambiare se si sfalda ulteriormente il contesto socio-economico, ma ora non si può dirlo con certezza”. Infine, Renato Mannheimer: “Forza Italia tocca il 15%, la Lega l’11%, Fdi e Ncd 3.5%. Il Pd è lontano, al 37-38%”. Ma c’è il punto interrogativo di chi non si esprime: “Una metà dell’elettorato non si rivela e di conseguenza le cifre sono attendibili fino a un certo punto.
Di solito questi voti si distribuiscono, più o meno, sul trend di quelli che rispondono. Ma col tempo può succedere di tutto: Renzi può perdere voti e il centrodestra, con un leader capace (come la Meloni o Salvini), può crescere”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.