Cernobbio, capitolo secondo. A distanza di un anno, Matteo Salvini torna a indossare - per un attimo - la giacca e la cravatta e prosegue la sua lenta - e difficile - cavalcata verso l'orizzonte imprenditoriale e industriale. È questa la vera sfida del segretario felpato: convincere quell'elettorato moderato e per certi versi più razionale, quello a cui non si deve parlare alla "pancia" e che preferisce numeri e dati a slogan e invettive.
Se nel settembre 2014 il segretario federale della Lega Nord aveva puntato tutto sulle posizioni contrarie all'euro (riscuotendo non proprio un grande successo), quest'anno si è concentrato più sui temi economici. "Meno tasse e meno vincoli", in sintesi il suo messaggio. E come cavalli di battaglia ci sono sempre la Flat tax, l'aliquota fiscale secca uguale per tutti, e l'eliminazione del tetto di 1000 euro per i contanti.
"Noi vorremmo liberare l'economia, se questa è la platea giusta non lo so. Io penso che la Lega andrà al governo da qui a poco e per questo voglio essere coerente e serio". Questa volta gli applausi sono stati meno silenti rispetto all'anno scorso e sicuramente più fragorosi di quelli riservati alla grillina Barbara Lezzi, al suo esordio al Forum Ambrosetti. Ma applauso non è sinonimo di consenso. E su questo versante la strada è irta di ostacoli.
Perché, sebbene gli ultimi risultati delle elezioni regionali abbiano certificato che il leader del Carroccio sia riuscito a penetrare in zone inesplorate e in categorie sociali sfiduciate e trasversali, convincere il mondo imprenditoriale che nella propria ricetta politica non esistano solo i temi relativi all'immigrazione e ai campi rom è già difficile, così come è ancora più difficile ricostruirsi un'autorevolezza tale da fare per un attimo dimenticare il passato della Lega Nord. Insomma, sulla rivoluzione nei salotti di Cernobbio è ancora presto per prendere l'abbrivio.
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