La Chiesa chiude sul fine vita. "Un crimine contro l'umanità"

La Congregazione per la Dottrina della Fede: chi approva leggi sul suicidio assistito è complice di un grave peccato

La Chiesa chiude sul fine vita. "Un crimine contro l'umanità"

Il messaggio alla politica è arrivato chiarissimo, senza troppi giri di parole, senza dubbi, in forma «definitiva»: da parte della Chiesa non ci sarà alcuna apertura su temi come eutanasia e suicidio assistito. Anzi, i politici che legiferano su queste questioni, per la Santa Sede si rendono complici del grave peccato che compie chi permette queste pratiche. Papa Francesco riporta all'attenzione mondiale la questione, tanto discussa, del fine vita, con una durissima presa di posizione, senza precedenti, che potrebbe innescare un nuovo vespaio di polemiche, soprattutto da parte di chi si batte tutti i giorni a favore dell'eutanasia. La discussione parlamentare sul fine vita, tra dubbi e scambi d'accuse politiche, è ferma da tempo e nel frattempo il Pontefice argentino, proprio ieri, ha autorizzato la pubblicazione di una lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede, dal titolo «Samaritanus bonus», sulla cura delle persone nelle fasi critiche e terminali della vita.

«La Chiesa - si legge nel documento vaticano - ritiene di ribadire come insegnamento definitivo che l'eutanasia è un crimine contro la vita umana perché, con tale atto, l'uomo sceglie di causare direttamente la morte di un altro essere umano innocente. Coloro che approvano leggi sull'eutanasia e il suicidio assistito - continua la lettera - si rendono, pertanto, complici del grave peccato che altri eseguiranno.

Costoro sono altresì colpevoli di scandalo perché tali leggi contribuiscono a deformare la coscienza, anche dei fedeli». Quella della Chiesa, insomma, è una posizione ferma, messa nera su bianco e non pronunciata a braccio dal Papa: rimarrà deluso chi pensava che Bergoglio fosse un Pontefice più morbido dei predecessori anche perché, alcuni anni fa, numerosi esperti e commentatori, aveva parlato di «aperture» di Francesco su questo tema.

Il Papa, infatti, era il 2017, aveva detto che «è moralmente lecito rinunciare all'applicazione di mezzi terapeutici, o sospenderli, quando il loro impiego non corrisponde a quel criterio etico e umanistico definito proporzionalità delle cure».

Quello di Bergoglio era stato un secco «no» all'accanimento terapeutico, chiarendo allo stesso tempo che evitare questa pratica «non è eutanasia».

La lettera pubblicata ieri porta la firma del cardinale gesuita Luis Francisco Ladaria, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede ed ex «numero due» del cardinale Gerhard Ludwig Müller, porporato vicino all'area più tradizionalista della Chiesa. «È in gioco la dignità della vita», spiega il porporato spagnolo, «questo documento è parso necessario in relazione alla situazione odierna, caratterizzata da un contesto legislativo civile internazionale sempre più permissivo a proposito di eutanasia, suicidio assistito e disposizioni sul fine vita». «Prendiamo seriamente quello che la Chiesa dice perché questa è la strada che si sta seguendo in Occident » spiega al Giornale, il canonista don Filippo Di Giacomo - non nascondiamoci dietro a un dito per non vedere la luna: una cosa è una persona che accetta il suo destino e ricorre solo alle cure palliative, un'altra cosa è una persona che fa staccare le macchine che lo tengono in vita perché sarebbe accanimento terapeutico e un'altra cosa è uno Stato, come ad esempio l'Olanda, che distribuisce eutanasia, dai 16 anni in su, a gentile richiesta dell'interessato.

Se vogliamo una società dove si dà pure l'eutanasia ai bambini e a tutti gli anziani con più di 70 anni, dobbiamo avere anche il coraggio di chiamare le cose con il loro nome.

Dobbiamo interrogarci - conclude - su che tipo di società vogliamo: una società che riflette sull'umano che è in tutti noi o una società solo per ricchi, palestrati e belli, senza vecchi e senza ammalati?».

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