Adesso è la volta del microchip. Una volta impiantato, potrebbe aiutare Michael Schumacher a camminare, magari a parlare. Sa di Robocop. Sa di notizia a cui appigliarsi per sperare ma da maneggiare con cura. Perché non la diffonde qualche familiare dello sfortunato campione, bensì il sito dell'inglese Daily Mirror , non proprio il Times . Racconta che i medici che hanno in cura Michael starebbero valutando l'utilizzo di una rivoluzionaria tecnica riabilitativa messa a punto da un pool di scienziati croati. Non solo: sperano che in alcune settimane possa sedersi su una sedia a rotelle controllata per mezzo dei movimenti della bocca.
Voci, indiscrezioni, magari balle sbrodolate sulla battaglia di Schumi per tornare a chiamare vita la vita. Non si sa. È così dall'inizio, da quel fottuto 29 dicembre 2013 sulle nevi di Meribel, in Alta Savoia. La sciata con figli e amici, la neve fresca, la caduta, la roccia. Quindi l'incubo e il via a questo rincorrersi infinito di voci, indiscrezioni, magari balle. Alimentato anche dal modo ossessivo in cui la famiglia Schumacher tutela la propria privacy. Pochi comunicati e silenzio di mesi tra uno e l'altro. Terreno fertile per le indiscrezioni. Basti pensare che nelle prime ore si disse che Michael non si era fatto quasi nulla, solo una gran botta alla testa e che addirittura comunicava con i soccorritori. Poi che era praticamente morto; che nonostante le due operazioni al cervello per ridurre ematomi ed emorragie non recuperava; che si era preso la broncopolmonite (questa confermata dall'entourage). Quindi che era in coma indotto da mesi, troppi mesi; che pesava 50 chili e che non si svegliava. Non si sarebbe più svegliato. Poi, grazie a Dio, a inizio estate ci dissero che invece si era svegliato, che il coma indotto era stato progressivamente ridotto fin dai primi di aprile. A metà giugno le prime informazioni certificate dalla manager Sabine Kehm: «È sveglio, respira autonomamente, ha momenti di coscienza sempre più frequenti e profondi... dal movimento degli occhi abbiamo la sensazione che ci riconosca... Ma non muove altro», il drammatico sunto.
Parole pronunciate in occasione del trasferimento di Michael via elicottero dalla clinica universitaria di Grenoble al centro di Losanna specializzato nella riabilitazione. Una struttura all'avanguardia a 30 km da casa Schumacher, a Gland, sulle rive del lago Lemano. Un ospedale dove, con macchinari simili a robot, i fisioterapisti sono in grado di far compiere movimenti a pazienti incapaci di gestire il proprio corpo. Dopo di allora, unica altra dichiarazione certificata, quella della moglie Corinna, ai tifosi tedeschi, in occasione del Gp di Germania, la settimana scorsa: «Stiamo affrontando una fase che presumibilmente richiederà molto tempo, ma il tempo sarà alleato di Michael in questa battaglia...».
E ora il microchip. Questo mentre il quotidiano elvetico Sonntags Blick racconta di uno Schumi che sta facendo grandi progressi, che oltre a comunicare con le palpebre sarebbe arrivato persino a pronunciare qualche parola e che potrebbe tornare a casa prima della fine dell'estate. Anche su questo voci, indiscrezioni, magari balle. Mesi fa era uscita la notizia che Corinna, in una delle 40 stanze della villa di Gland, avesse allestito una unità riabilitativa da milioni di euro. Gli esperti interpellati dal giornale svizzero, Mark Mäder e Margret Hund, sostengono che «seppur molto complicata, si tratterebbe di una via percorribile e ottimale».
E il luminare di neurochirurgia Peter Vajkoczy conferma: «Ho detto alla famiglia che se hanno la possibilità di costruire un minicentro di rieducazione con sala da ginnastica, fisioterapisti e personale medico, allora è fattibile». Voci, indiscrezioni...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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