Sono bastate appena due ore per far crollare il castello di accuse costruito in anni di prove raccolte dai pm sull'inchiesta riguardante Banca Etruria. Il gup del tribunale di Arezzo, Anna Maria Loprete (definita dai difensori «un grande giudice»), ha assolto in primo grado e con formula piena tre imputati del crac aretino, azzerando in un attimo tre anni di lavoro svolto dalla procura sul filone d'inchiesta, partito nel 2013, riguardante l'ostacolo all'autorità di vigilanza per l'appostamento tra gli incagli, di crediti che invece avrebbero dovuto essere indicati come sofferenze. Una classificazione errata che avrebbe sviato, secondo la tesi dell'accusa non riconosciuta dal gup, la vigilanza della Banca d'Italia che pretese poi una ricapitalizzazione inferiore al necessario, con la conseguenza che la banca finì commissariata nel febbraio del 2015.
I tre imputati Giuseppe Fornasari (ex presidente del cda dal 2011 al 2014), Luca Bronchi (ex direttore generale) e David Canestri (attuale direttore centrale) erano accusati di aver finanziato con 10,2 milioni gli acquirenti della società Palazzo della Fonte, che conteneva buona parte del patrimonio immobiliare di Banca Etruria. «Il fatto non sussiste», ha stabilito il giudice Loprete. L'altra accusa riguardava la sottovalutazione nel bilancio 2012 di Banca Etruria dei crediti deteriorati, trattenuti quando già erano divenuti sofferenze, per eludere accantonamenti e quindi l'erosione del patrimonio. «Il fatto non costituisce reato», si legge nel dispositivo della sentenza. Esultano gli avvocati difensori Carlo Baccaredda Boy e Antonio Bonacci per Bronchi, Antonio D'Avirro per Fornasari, Stefano Lalomia e Luca Fanfani (il figlio del presidente della prima commissione del Csm, Giuseppe Fanfani, che ha sempre difeso Pier Luigi Boschi, ex vicepresidente della banca) per Canestri, che lo ha definito «un processo inutile». «Tiriamo un sospiro di sollievo - dicono -. La scelta di aver optato per il rito abbreviato ha pagato».
Un colpo durissimo per i risparmiatori che ora giurano vendetta. «Inammissibile e vergognosa», commenta la sentenza la presidente dell'associazione «Vittime del salvabanche» Letizia Giorgianni e scrive al gup: «Gentilissimo gup, se gli ex amministratori dell'istituto andato in default sono tutti innocenti, mi spiega come si è arrivati alla risoluzione dell'istituto e all'azzeramento dei risparmi? Qualcosa in questa vicenda non torna: o si è nascosto alle autorità di vigilanza i crediti in sofferenza oppure banca d'Italia non doveva risolvere la banca e valutare al 17% i crediti in sofferenza. Qualcuno deve spiegarci da dove provengono le responsabilità. A meno che non si voglia trovarle tra i risparmiatori azzerati. E per i paradossi della giustizia, francamente non me ne meraviglierei».
Un colpo durissimo anche per gli inquirenti - che hanno già annunciato appello - ma soprattutto inaspettato. Potrebbe teoricamente compromettere o modificare l'esito degli altri quattro procedimenti aperti su Banca Etruria.
Il procuratore capo Roberto Rossi e la pm Julia Maggiore avevano chiesto 2 anni e 8 mesi di carcere per Fornasari e Bronchi e 2 anni per Canestri, ritenendoli responsabili di aver mascherato le reali condizioni economiche in cui si trovava la Popolare aretina tra il 2011 e il 2013. E di aver ostacolato, di conseguenza, il lavoro di vigilanza della Banca d'Italia (che ha chiesto un risarcimento danni da 320mila euro) e della Consob. Ma il giudice ieri li ha assolti.
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