Ci consegniamo a chi approva i roghi umani

Il Qatar è il mandante ideologico del rogo con cui è stato arso vivo il pilota giordano

Ci consegniamo a chi approva i roghi umani

Se pensate che la vendita al Qatar dei grattacieli simbolo e immagine della Milano del ventunesimo secolo sia un magnifico affare, date un'occhiata a questa «fatwa». Leggetela e scoprirete l'orrore. Scoprirete che dietro l'immagine di questo ricco e munifico emirato, sempre pronto a investire in Occidente, si nasconde anche un regno islamista fanatico, spietato e oscurantista. Ma attraverso questa «fatwa» l'emirato «nascosto» rivela il suo vero volto. Ovvero quello di ispiratore del fanatismo religioso perpetrato dello Stato Islamico. E di mandante ideologico del rogo medievale con cui il Califfato ha punito il pilota giordano Muath al-Kaseasbeh. Dopo quella spietata esecuzione qualcuno ricordò che il Corano e la legge islamica vietano di uccidere con il fuoco. Ma esistono le eccezioni. Ed una di queste s'appoggia su un parere consultivo («fatwa») preparato dagli esperti coranici dell'Emirato e pubblicato nel giugno 2009 sul Centro per la Fatwa, il sito internet di quell'Autorità per la «Guidanza Religiosa e la Dawa (Proselitismo dell'Islam ndr)» che fa capo al Ministero degli Affari Islamici del Qatar . La fatwa - prontamente rimossa all'indomani della comparsa del video con il rogo del pilota, ma ancora reperibile in un'altra parte del sito - risponde ai dubbi espressi da un fedele nel 2008 quando lo «Stato Islamico dell'Irak» (il precursore dell'attuale Stato Islamico) brucia vivi i membri di alcune tribù sunnite alleate degli americani. Per dar risposta alla questione gli esperti coranici dell'Emirato spiattellano almeno tre buoni motivi sufficienti a giustificare l'eccezione alla norma espressa nell'hadith (aneddoto o detto del Profeta) in cui si recita «Solo il Dio del fuoco può punire con il fuoco». La prima eccezione deriva dalla citazione di un saggio di Khalil Ibn Ishaq Al Maliki in cui questo studioso della sharia vissuto nel 14mo secolo spiega che chiunque «può venir mandato a morte nella maniera in cui ha ucciso... Anche con il fuoco». Esattamente la giustificazione adottata dallo Stato Islamico che nei suoi video spiega il rogo inflitto al pilota giordano come la vendetta per la morte dei civili e dei militanti del Califfato bruciati vivi dalle bombe della Coalizione. La seconda buona ragione citata dagli esperti di sharia del Qatar è la punizione esemplare inflitta a Iyas bin 'Abd Yalil, il traditore dei musulmani fatto bruciare vivo dentro la mosche di Nedina nel settimo secolo da Abu Bakr, coetaneo, miglior amico di Maometto e suo successore come primo Califfo. La terza ragione è un'altra citazione dello studioso Khalil Ibn Ishaq Al Maliki in cui si spiega con maggior chiarezza che «chi uccide verrà ucciso nella stessa maniera in cui ha ucciso, anche con il fuoco, ma con la sola esclusione dell'avvelenamento e della sodomia».

Tre esemplari perle di saggezza e civiltà che - dopo aver contribuito a giustificare gli orrori commessi dai terroristi del Califfato - minacciano di trovar spazio e cittadinanza nel quartiere più moderno e scintillante della capitale lombarda.

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