Insulti, minacce, fantocci: il vento dell'odio sul governo

I toni della contestazione all'esecutivo hanno superato i limiti. Contro Meloni anche attacchi personali. E il Pd resta in silenzio

Insulti, minacce, fantocci: il vento dell'odio sul governo
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A parti invertite si griderebbe allo squadrismo o peggio. Che si tratti di singoli estremisti, intellettuali, partiti o parlamentari cambia poco: da sinistra si sconfina sempre più spesso dal dibattito democratico. E si alimenta quello che il centrodestra si limita a chiamare «clima d'odio» verso la premier Giorgia Meloni e il governo. Una definizione che forse non basta a rendere l'idea. L'ultimo episodio è l'equiparazione dell'esecutivo alle «radici» della strage della stazione di Bologna. Che è un po' come se qualcuno nel centrodestra sostenesse che nel Pd «dimorano» le radici di chi sparò a Walter Tobagi. O di chi rapì e uccise Aldo Moro. Come ha detto lo storico di sinistra Gianni Oliva al Giornale. Sempre a Bologna poi, nel 2022, i collettivi hanno appeso un manichino raffigurante la Meloni a testa in giù. Del resto Piazzale Loreto è stata evocata anche in Parlamento. Lo ha fatto Susanna Cherchi, parlamentare grillina, appena un paio di mesi fa. Le scritte di minaccia sui muri delle città italiane non si contano. Solo qualche giorno fa, nel trentino, su un muro di un cimitero è spuntato un messaggio: «Giorgia, quando avrai finito, farai la fine di Benito». Difficile, ancora, elencare tutti gli insulti e le minacce che sono apparsi sui social network e sul web.

Del resto, siccome è la destra che guida l'esecutivo, a qualcuno sembra tutto normale. Il rapper Gennarone, in un primo maggio foggiano, se n'è uscito così: «L'Italia sta vivendo l'ombra del fascismo grazie a quella boccara di Giorgia Meloni». Poi le scuse e la motivazione: «Provocazione artistica». Roma, corteo per la commemorazione di Valerio Verbano, febbraio 2024: a prendere fuoco è sempre un fantoccio con le sembianze della premier. Per intenderci: Verbano è morto nel 1980, la Meloni aveva tre anni. Per buona parte di questi episodi, la risposta dell'opposizione è il silenzio. Che non sarà assenso ma che non aiuta a stemperare gli animi. Poi c'è il caso del professor Massimo Zucchetti, ordinario al Politecnico di Torino. Cattedratico dai toni fini: «Sarebbe il caso di rendere omaggio al tuo sacrificio con qualche atto concreto. Come quelli dei tuoi Gap: tanto, di ratti da abbattere ce ne sono una marea, negli ultimi anni si sono moltiplicati e sono usciti dalle fogne, bisognerebbe farti tornare per una bella derattizzazione», ha scritto, tra altri episodi rimarchevoli, sui social, omaggiando il partigiano Dante Di Nanni. In altre circostanze, ha postato la foto di un orinatoio con il volto della premier. Ben più preoccupanti le minacce degli anarchici durante l'emersione del caso Cospito. Tante, ma soprattutto quella di Pasquale Valitutti. «Saranno uccisi - ha dichiarato l'anarchico romano, riferendosi agli «assassini» di Cospito -, gli sarà sparato addosso, se Alfredo morisse. Sarà fatta giustizia. Non sono io a dirlo, perché io non sono un millantatore». Tanti, con ogni probabilità troppi episodi che ricordano anni bui della nostra storia patria. Immaginare uno scenario di questa portata con un governo col Pd in sella è pressoché impossibile. E le ragioni sono varie. Si arriva così alla Ong Sea-Watch, che sempre via social ha augurato «tutto il peggio» all'esecutivo. E come si fa a non citare pure l'autore di Affari Tuoi Riccardo Cassini. Quello secondo cui «la mamma dei fascisti è sempre in Cina». Il tutto nonostante quella che chiamano «Telemeloni», ovviamente. Sul clima imperante nella nostra nazione, Giorgia Meloni ha una posizione chiara.

«C'è - ha detto - chi mi vorrebbe massacrata e appesa a testa in giù». Temiamo abbia ragione. E nel contesto democratico, ci si aspetterebbe qualcosa di più da Pd e compagni. Qualcosa che stemperi. Invece di tutti quei silenzi, che non saranno complici ma almeno strategici sì.

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