Per combattere i jihadisti ci servono leggi speciali

Le hanno già adottate Stati Uniti e Gran Bretagna. I precedenti nel nostro Paese ci dicono che funzionano

Per combattere i jihadisti ci servono leggi speciali

Lo ha fatto l'America di Bush con il Patriot Act e la Gran Bretagna con il Terrorism Act, lo sta facendo la Francia adottando nuove misure per prevenire gli attacchi terroristici e anche in Germania ora è allo studio un piano in nove punti per affrontare l'emergenza jihadista. E l'Italia? Il governo Renzi continua a ripetere che non servono leggi speciali, che la minaccia dello Stato Islamico può essere rintuzzata anche con le norme ordinarie. È davvero così? Nutriamo seri dubbi.

È vero che le misure straordinarie potranno limitare i diritti e le libertà personali dei cittadini, ma è altrettanto vero che siamo in guerra, non solo perché lo ammettono tutti, dal Papa ai leader occidentali, ma perché è un dato di fatto. La guerra non è un motivo sufficiente per adottare misure straordinarie e temporanee? E poi non comprendiamo perché nel nostro Paese siano state varate una sequela di leggi eccezionali, per minacce alla sicurezza di gran lunga meno gravi di quella che sta insanguinando l'Occidente. Sembra che qualcuno abbia la memoria corta. E allora vogliamo rinfrescargliela. Non vogliamo ripercorrere tutta la storia, ci limitiamo solo a segnalare le cosiddette «leggi speciali» adottate dai nostri governi per affrontare le emergenze negli ultimi decenni. Come la Legge Reale del 1975, che prende il nome dal ministro della Giustizia di allora e che inaspriva le pene per i reati legati al terrorismo, estendeva l'uso delle armi da parte delle forze di polizia per impedire stragi, attentati, rapine. Non solo. C'era la possibilità del fermo preventivo di un sospetto per 96 ore anche in assenza di flagranza di reato e la possibilità di effettuare perquisizioni senza mandato del giudice nel caso di presunto possesso di armi. Poi c'è stata la Legge Cossiga, dal nome dell'ex presidente ed ex ministro dell'Interno nel 1980, quando sono state varate misure straordinarie e molto più repressive sempre in tema di terrorismo. Le nuove norme introducevano il reato di associazione per fini di terrorismo che si aggiungeva a quello di associazione sovversiva. E poi l'abolizione di ogni attenuante in sede processuale se il reato era legato al terrorismo, l'estensione di un terzo della carcerazione preventiva per ogni grado di giudizio e gli incentivi al pentitismo con sconti di pena a chi collaborava. Ferme restando le altre misure già introdotte dalla Legge Reale sul fermo di polizia e le perquisizioni.

Nel 2005 è stata la volta del Decreto Pisanu, l'allora ministro dell'Interno che emanò un pacchetto di misure anti terrorismo, dalle espulsioni più facili per gli stranieri ai controlli più serrati sulle comunicazioni telematiche. Naturalmente tutte queste misure «speciali» sono state in gran parte eliminate oppure sono decadute perché temporanee. Restano in piedi altre norme straordinarie, come quelle riguardanti le associazioni di tipo mafioso, modificate e inasprite nel corso degli anni, come la misura sul «carcere duro», meglio conosciuta come «articolo 41 bis», che prevede l'isolamento totale di un esponente della criminalità organizzata. E poi c'è ancora il «Decreto stadi», varato nel 1989 e modificato nel 2007, per contrastare la violenza nel corso di eventi sportivi. Una norma che prevede il famoso «Daspo», cioè il divieto a un tifoso di assistere alle manifestazioni sportive da uno a cinque anni, non solo se è protagonista di violenze, ma anche se introduce in uno stadio striscioni o cartelli che incitano alla violenza.

Insomma, una lunga trafila di limitazioni delle libertà personali. Però, piacciano o non piacciano, le leggi speciali sono servite e servono a colpire non solo chi si macchia di gravi delitti ma anche i fiancheggiatori e i finanziatori di mafia o terrorismo.

O semplicemente chi inneggia a idee sovversive o ritenute una minaccia alla sicurezza, come l'apologia del fascismo. Ma in che mondo viviamo se oggi la legge ritiene più pericoloso un ragazzo che grida «viva il duce» rispetto agli jihadisti che seminano odio e morte nelle città d'Europa?

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