C'era una volta il deputato con gli stivali di gomma, alfiere dei diritti degli immigrati negati dalle destre. Si chiamava Aboubakar Soumahoro. O meglio: si chiama tuttora. Ma i suoi compagni di viaggio, quelli che avevano fatto carte false per metterlo in lista come fiore all'occhiello della lotta per l'accoglienza ebbene quelli lì, i Fratoianni e i Bonelli, non gli parlano più. E non perché il malcapitato abbia fatto nulla di male. Per carità, c'è uno scandalo che ha travolto le coope di famiglia e ci sono pure un po' di rinvii a giudizio. Ma non per lui. A rimanere invischiate in quella storiaccia sono la moglie e la suocera. Certo, Abou le sue donne, le aveva difese a spada tratta ("il diritto all’eleganza", "la moda non è né bianca né nera" e altre panzane simili) ma da qui a non rispondergli più al telefono ce ne passa. Gli ex compagni di partito gli rinfacciano di non aver vigilato sulle sue donne (alla faccia della lotta al patriarcato!).
Morto un Soumahoro se ne fa subito un altro. E, in vista delle europee, ecco Bonelli e Fratoianni giocarsi la carta Salis. Lei sì, a differenza di Abou, qualche guaio con la giustizia ce l'ha. In Ungheria la accusano di far parte di una banda di criminali che va a zonzo per l'Europa a pestare i nazisti. Ci sono le prove (un manganello in tasca) e c'è pure un processo ma, fino a sentenza, la Salis resta innocente. Certo, nel suo casellario giudiziario, ci sono piccole macchie qua e là ma i dioscuri della sinistra hanno deciso di soprassedere, giocarsi la carta del garantismo e sfidare Orbàn.
Inutile far presente a Bonelli e Fratoianni quanto certi giochetti rischino di inguaiare la Salis che potrebbe fare la
stessa fine del povero Abou, usato e poi gettato nel Misto (nel senso del gruppo non nel sacco dell'indifferenziata). Con la stessa facilità con cui lo stesso deputato aveva sfruttato gli immigrati per uno scranno alla Camera.
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