A pochi giorni dall'approvazione in Consiglio dei ministri del decreto Sicurezza bis, arrivano al vaglio della Corte Costituzionale i ricorsi presentati dalle Regioni rosse. Ma di cosa stiamo parlando nello specifico? Le misure su immigrazione e sicurezza urbana contenute nel primo decreto di Matteo Salvini, entrato in vigore lo scorso ottobre e convertito in legge a dicembre, non vanno a genio ad alcune regioni italiane che hanno deciso di opporsi. Mentre il ministro dell'Interno va avanti e si può appellare al dl Sicurezza bis, c'è qualcuno che torna indietro e si ferma sempre al solito punto.
Mercoledì prossimo, quindi, la Consulta, in udienza pubblica, avvierà l'esame dei ricorsi presentati dalle regioni Sardegna, Umbria, Emilia-Romagna, Basilicata, Marche, Toscana, Calabria e Piemonte. Le Regioni rosse dicono di aver rilevato violazioni della Costituzione nelle norme che hanno modificato i meccanismi dei permessi di soggiorno, dell'accoglienza dei richiedenti asilo e dell'iscrizione anagrafica. Parlano addirittura di introduzione del daspo urbano.
Nello specifico, quindi, le Regioni che protestano sollevano dubbi di costituzionalità dell'articolo 1 del dl Sicurezza, che modifica alcune norme del testo unico sull’immigrazione del 1998, sostituendo l'istituto del permesso di soggiorno per motivi umanitari con una pluralità di fattispecie tipizzate. Per i "ribelli" le previsioni specifiche di permesso di soggiorno per "casi speciali" sarebbero insufficienti ad assicurare la copertura dell'intera area di accoglienza dovuta in base agli obblighi costituzionali, sovranazionali e internazionali di tutela. Per farla breve: Sardegna, Umbria, Emilia-Romagna, Basilicata, Marche, Toscana, Calabria e Piemonte non accettano i tagli all'accoglienza, non accettano i porti chiusi.
Ma non solo. La protesta si sfoga anche sull'articolo 12 del decreto, che riguarda invece l’accoglienza dei richiedenti asilo. Le Regioni, infatti, sostengono che tale norma, nel riformare lo Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), esclude da tale sistema, gestito dagli enti locali, i richiedenti asilo, destinandoli ai centri di accoglienza a gestione governativa. In questo modo, quindi, dicono che le loro facoltà in quanto Regioni verrebbero compromesse.
E poi arriviamo alla contestazione dell'articolo 13, (comma 1), sull’iscrizione anagrafica. Le Regioni denunciano la previsione secondo la quale il permesso di soggiorno per la richiesta di asilo viene ritenuto "documento di riconoscimento", ma non "titolo" per l’iscrizione anagrafica. E questo - a detta loro - sarebbe una preclusione dell'accesso ai servizi erogati da Regioni ed enti locali per i quali la residenza costituisce un presupposto per l’accesso.
L'ultimo articolo è il 21, contenuto nella seconda parte del decreto legge, dedicato alla sicurezza pubblica.
Qui a combattere sono l'Emilia-Romagna, la Toscana, la Calabria e il Piemonte. Qui si parla di "Daspo urbano" e i ricorsi sostengono che tale misura sarebbe sproporzionata e potrebbe incidere sul diritto alla salute.E ora la palla passa alla Consulta.
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