Fischi e proteste, applausi e contestazioni. Tra insulti e omaggi è andata in scena ieri la festa della Liberazione per gli esponenti politici di maggioranza e opposizione. A Roma il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha voluto omaggiare «le vittime innocenti della violenza nazifascista» alle Fosse Ardeatine, ricordando la terribile «rappresaglia criminale», e augurandosi che «da quel sacrario parta un messaggio di pace e libertà». Alle Fosse Ardeatine era presente anche il leader di Azione, Carlo Calenda, accompagnato dai figli e dalla madre, la regista Cristina Comencini. Ha scelto Roma anche il leader pentastellato Giuseppe Conte, che ha visitato in mattinata il Museo della Liberazione di via Tasso, in quella che fu la sede del Comando del Servizio di Sicurezza delle SS di Herbert Kappler. A Bologna, il meloniano e viceministro alle Infrastrutture e ai Trasporti Galeazzo Bignami, che ha anche raccolto da terra un fiore caduto dal leggio al presidente dell' Anpi, è stato applaudito in piazza Maggiore, durante la cerimonia cittadina.
Ma come detto, non sono mancate le contestazioni, riservate soprattutto agli esponenti della maggioranza. A Napoli è andato in scena l'episodio più odioso, con l'affissione, nei pressi dei monumenti ai martiri delle Quattro giornate, di una serie di foto della premier Giorgia Meloni, del presidente del Senato Ignazio La Russa e dei ministri dell'Interno Matteo Piantedosi e dell'Istruzione, Giuseppe Valditara, appese a testa in giù. Nessuna firma sui manifesti, ma la Digos è al lavoro per individuare gli autori del gesto. Il titolare dell'Istruzione e del Merito è stato peraltro contestato anche «dal vivo», a Milano, mentre partecipava a una cerimonia per il 25 aprile al Tempio della Vittoria. Qui una decina di attivisti della Rete Studenti Milano ha urlato con un megafono slogan contro Valditara mentre il ministro deponeva una corona in omaggio ai caduti milanesi, chiedendogli, «se si dichiara antifascista», di rendere omaggio ai partigiani. Qualche scintilla anche a Firenze, dove una donna in piazza della Signoria ha urlato a Giovanni Donzelli «vai a casa»: il parlamentare di Fdi, che aveva invitato all'unità in occasione della festa della Liberazione, una data «che ricorda le riconquistate libertà e democrazia dopo che il fascismo aveva conculcato questi valori», si è limitato a risponderle «grazie, buon 25 aprile anche a lei». A Firenze anche il leader di Iv Matteo Renzi, che ha assistito alle cerimonie per la Festa della Liberazione restando tra la gente. Anche Salvini ha scelto Firenze, optando per una visita privata al cimitero americano, dove riposano «4.399 soldati statunitensi uccisi durante la seconda guerra mondiale, e in particolare nei combattimenti che seguirono la liberazione di Roma», un modo per «sottolineare l'apporto decisivo degli Alleati durante la Liberazione dal nazifascismo». E il vicepremier, poi ha osservato come il 25 aprile sia «un giorno che spero nel futuro unisca gli italiani nel nome della democrazia» mentre, ha concluso, «c'è ancora qualche nostalgico che pretende di essere unico depositario della storia del Paese». Contestazioni anche a Grosseto, dove l'amministrazione comunale vuole intitolare vie alla «pacificazione nazionale», a Berlinguer e ad Almirante: il sindaco Vivarelli Colonna è stato costretto a interrompere il suo discorso dai fischi della delegazione Anpi. E l'Anpi a Viterbo ha fischiato il sottosegretario Vittorio Sgarbi.
«È davvero tragicomico ha tagliato corto Sgarbi - come finti antifascisti, in nome di un'idea equivoca di libertà' abbiano tentato d'impedirmi di parlare, negando quella libertà di espressione che dovrebbe essere uno dei valori fondanti di questa ricorrenza. È la prova di come c'è chi utilizza il 25 aprile come strumento di lotta politica».
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