La Corte di giustizia Ue: l'Italia recuperi l'Ici non versata dalla Chiesa

Accolto il ricorso di una scuola. La Cei: «Le attività commerciali devono pagare»

La Corte di giustizia Ue: l'Italia recuperi l'Ici non versata dalla Chiesa

Roma - Dall'Europa arriva una sentenza potenzialmente deflagrante per l'Italia: lo Stato dovrà recuperare l'Ici non versata dalla Chiesa dal 2008 al 2012. Una somma che si aggira intorno ai 4-5 miliardi.

Una vecchia questione, quella delle esenzioni fiscali garantite agli immobili di alcuni enti, come quelli ecclesiastici, adibiti a scuole, strutture ricettive, assistenziali e sanitarie, sulla quale si è pronunciata la Corte di Giustizia europea annullando le precedenti decisioni della Commissione e del Tribunale Ue che andavano in direzione opposta avendo sancito l'impossibilità di recuperare quelli che ora sono stati riconosciuti come aiuti di Stato e in quanto tali illegittimi, a causa della difficoltà di valutare retroattivamente il tipo di attività svolta negli immobili di proprietà degli enti non commerciali, sia religiosi sia no profit. Questa volta, invece, i giudici hanno ritenuto che tali circostanze costituiscano mere «difficoltà» interne all'Italia e hanno accolto il ricorso, promosso da una scuola elementare Montessori di Roma sostenuta come «battaglia di diritto» dai Radicali, stabilendo di fatto che l'Ici non versata vada recuperata. Un compito che adesso spetta al governo, il quale dovrà intervenire con un provvedimento ad hoc, prima di tutto individuando quali sono le attività che possono davvero considerarsi senza fini di lucro e poi le modalità per andare a batter cassa lì dove non lo fossero. Pena l'apertura di una procedura d'infrazione da parte dell'Europa. La Cei, cercando di vedere il bicchiere mezzo pieno, ritiene la nuova sentenza un «adeguato riconoscimento delle attività sociali svolte dalla Chiesa». Questo perché la Corte ha invece confermato la legittimità dell'Imu, introdotta nel 2012, che prevede l'esenzione dell'imposta per attività non commerciali. «Abbiamo ripetuto più volte - osserva il segretario dei vescovi, Stefano Russo - che chi svolge un'attività in forma commerciale è tenuto come tutti a pagare i tributi. Detto questo, è necessario distinguere la natura e la modalità con cui le attività sono condotte». La Chiesa del resto ha sempre respinto la tesi degli aiuti di Stato illegittimi, facendo leva sul fatto che i beni immobili in questione non hanno scopi commerciali ma solo socialmente utili. Una matassa che adesso spetta al governo sciogliere.

I radicali, intanto, cantano vittoria e sono pronti a denunciare preventivamente la Repubblica italiana nel caso in cui la Corte dei Conti non dovesse procedere con celerità al recupero. La loro è una battaglia laica contro i privilegi cominciata nel 2006. Il fulcro della questione è la violazione della legge sulla concorrenza, lì dove gli enti religiosi che esercitavano determinate attività, essendo esentati dal pagamento dell'Ici, sono stati favoriti rispetto a strutture che svolgendo attività analoghe hanno dovuto versare la tassa. «La Commissione sarà obbligata a dare seguito a questa sentenza storica emanando una nuova decisione e valutando, insieme allo Stato, le modalità di recupero delle imposte non riscosse», esulta l'avvocato Edoardo Gambaro.

E l'importo dovuto - spiega il fiscalista Carlo Pontesilli, promotore della causa insieme all'ex deputato Maurizio Turco - potrebbe lievitare fino a 13-14 miliardi di euro se i radicali decidessero di chiedere il recupero delle somme non versate dal 1992. «Questa vittoria di diritto - dice Pontesilli - la dedichiamo a Marco Pannella e al partito radicale».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica